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Integratori alimentari, stop al commercio solo se il prodotto è rischioso

Integratori alimentariIl divieto assoluto di immissione in commercio di integratori alimentari che contengono aminoacidi, di cui non è provata la pericolosità, è incompatibile con il diritto Ue. La Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 19 gennaio (C-282/15) chiarisce il margine di intervento delle autorità nazionali chiamate a decidere su questioni di sicurezza alimentare, bloccando pratiche che ostacolano l'immissione in commercio di prodotti non rischiosi.

A rivolgersi ai giudici di Lussemburgo il tribunale amministrativo di Braunschweig (Germania) chiamato a risolvere una controversia tra un'impresa tedesca che produce un integratore alimentare contenente anche un aminoacido (L-istidina) e l'ufficio federale della protezione dei consumatori e della sicurezza alimentare che aveva opposto un no alla deroga al divieto di immissione in commercio dell'integratore con l'aminoacido. In realtà, l'ufficio aveva riconosciuto che la L-istidina non presentava rischi per la salute, ma avendo dubbi sull'innocuità del prodotto per via del ferro, aveva negato l'autorizzazione. Di qui il ricorso in tribunale che, invece, aveva accordato una deroga, limitata temporalmente, consentendo la vendita. La parola è poi passata alla Corte Ue.

Per gli eurogiudici, il regolamento n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e fissa procedure per la sicurezza alimentare punta a conciliare le regole a tutela della salute con quelle sul libero commercio e i divieti di restrizioni. Di conseguenza, il sistema costruito su un divieto di partenza, con la possibilità di deroghe da applicare di volta in volta, e solo in modo temporaneo, non è conforme al diritto Ue. Per gli aminoacidi, utilizzati anche per la produzione di alimenti – osserva la Corte di giustizia – l'Unione europea non ha adottato regole volte a vietarne l'uso, con la conseguenza che si applicano le norme nazionali che disciplinano il settore. Questo vuol dire che gli Stati, come ha fatto la Germania, possono vietarne l'utilizzo negli integratori alimentari, ma valutando il rischio del singolo aminoacido. È così indispensabile un equilibrio tra i vari elementi in gioco. Da un lato, infatti, il regolamento n. 178 impone agli Stati di non immettere in commercio alimenti dannosi per la salute o inadatti al consumo umano. D'altro lato, però, gli Stati, nei casi in cui la scienza è incerta sulla dannosità di un elemento, devono decidere seguendo i principi Ue come l'analisi del rischio e il principio di precauzione.

Ed è proprio la Corte a chiarire che la corretta analisi del rischio deve basarsi su varie fasi, dall'individuazione del pericolo alla valutazione dell'esposizione. Per il principio di precauzione, poi, è indispensabile un'individuazione delle conseguenze potenzialmente negative per la salute e di carattere complessivo tenendo conto degli sviluppi della ricerca internazionale. Le autorità nazionali, quindi, possono vietare l'immissione in commercio di un prodotto, ma non con divieti preventivi automatici. Di qui la conclusione che è incompatibile con il diritto Ue la decisione di colpire indistintamente tutti gli aminoacidi senza una valutazione ad hoc del singolo elemento introdotto negli alimenti, come era avvento nel caso all'attenzione della Corte. Così, non è ammissibile una prassi che preveda una deroga limitata temporalmente al divieto di immissione per prodotti non dannosi.

AdA

fonte Sole24Ore 6/17 M.C.

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Dall'UE finanziamenti per le autostrade del mare e per l'intermodalità

 

FIN TRASPORTIL’Unione europea posticipa al 19 ottobre 2012 la scadenza del bando che assegna contributi per lo sviluppo del traffico merci via mare o attraverso il sistema ferroviario e promuove soluzioni innovative di intermodalità.

I fondi a disposizione delle imprese pubbliche e private ammontano a 64 milioni e 600 mila euro e per il momento l’Unione Europea ha intenzione di finanziare 36 progetti a livello continentale. Si tratta tuttavia di un numero destinato a salire, vista la mole di domande che risulta in arrivo a Bruxelles.
Il bando offre a regioni come la Campania l’opportunità giusta per investire nella logistica, creare aree di interscambio delle merci e rilanciare il trasporto marittimo.
Obiettivo finale del bando è la realizzazione di un sistema sostenibile per il traffico merci, con una serie di vantaggi per le aziende in termini di costi e significativa riduzione dell’impatto ambientale.

 Il bando si divide in cinque segmenti:

  • azioni di trasferimento modale, per spostare il traffico merci dalla strada al trasporto marittimo a corto raggio, al trasporto ferroviario, alle vie navigabili interne o a una combinazione di diverse modalità di spostamento;
  • azioni di catalizzazione altamente innovative, per superare le barriere strutturali esistenti nel mercato del trasporto merci nell’Unione Europea, come la scarsa velocità dei treni merci o i problemi di interoperabilità tecnica fra i modi di trasporto;
  • azioni per le autostrade del mare, per trasferire il trasporto merci dalla strada al trasporto marittimo a corto raggio o a una combinazione di quest’ultimo con altri modi di trasporto, con l’obiettivo di offrire un servizio di trasporto marittimo intermodale di grande volume e a frequenza elevata;
  • azioni per la riduzione del traffico, per integrare il trasporto nella logistica di produzione, con l’obiettivo di ridurre la domanda di trasporto di merci su strada;
  • azioni comuni di apprendimento, per favorire la cooperazione e ottimizzare i metodi operativi e le procedure fra i soggetti che partecipano alla catena del trasporto merci.

In linea di massima il cofinanziamento dell’Unione oscilla tra il 35 e il 50 per cento dei costi ritenuti ammissibili in sede di valutazione della proposta e in ogni caso il suo importo non supera il limite massimo di 250 mila euro. La durata del progetto, invece, varia a seconda della complessità, anche se nella versione originaria del bando viene indicato un periodo massimo che varia tra 24 e 60 mesi.

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Fonte Il Denaro

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Libro verde sulla gestione dei rifiuti organici biodegradabili

 

Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europrifiutiea n. C351E, pubblicata lo scorso 2 dicembre 2011, è stato pubblicato il “Libro verde della Commissione sulla gestione dei rifiuti organici biodegradabili nell'Unione europea”.

Il trattamento dei rifiuti organici è un tema di grande interesse perché essi costituiscono una risorsa preziosa e rinnovabile per la produzione di elettricità e di biocarburante per i trasporti e per l'alimentazione della rete del gas. Una raccolta differenziata di qualità rappresenta infatti un punto fondamentale del processo per l’attuazione della direttiva sulle discariche, per fornire materiali di qualità utili al riciclaggio dei rifiuti organici e per migliorare l'efficacia del recupero di energia.

Affinché l'incenerimento dei rifiuti organici diventi un'alternativa fattibile nella gerarchia del trattamento dei rifiuti, un presupposto fondamentale è che sia abbinata al recupero dell’energia.

I rifiuti organici possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi chiave fissati per il 2020 dalla direttiva comunitaria 2009/28/CE meglio nota come RED “Renewable Energy Directive” sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

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Csr: la Commissione Europea detta le nuove strategie

....All'interno del documento l'UE ha preso posizione in materia di CSR (Corporate Social Responsability) tracciandone una nuova definizione, definendo i nuovi obiettivi per le imprese e le azioni per i prossimi tre anni. Un passo importante, rispetto a quello già fatto nel 2011, per responsabilizzare le aziende sul loro impatto sociale e ambientale in un periodo di crisi. I consumatori sono sempre più sfiduciati nei confronti delle imprese. Il consumatore è sempre più attento e cosciente dell'impatto che ha sulla sua vita un determinato prodotto, il processo produttivo di un'azienda e le politiche con cui un'impresa comunica il suo impegno.

Ma vediamo in cosa consiste il CSR.

continua su:www.econote.it

 

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Pizza napoletana STG, ecco le regole

 

 pizzaDall’insertopizza Agrimed di giugno di Attilio Montefusco direttore Consorzio Promos Ricerche e Milena Petriccione.
La pizza napoletana è entrata fra le eccellenze alimentari europee, ottenendo il nuovo marchio di “Specialità Tradizionale Garantita” (Stg), che tutela la provenienza e la ricetta di questa antica specialità culinaria di Napoli, riportata in numerosi documenti storici e testi letterari come una delle più grandi invenzioni della cucina napoletana.
La “Pizza Napoletana” compare tra il 1715 ed il 1725, quando Vincenzo Corrado, cuoco del Principe Emanuele di Francavilla, in un trattato sui cibi più utilizzati a Napoli, dichiara che il pomodoro viene impiegato per condire la pizza e i maccheroni. A ciò si riconduce la comparsa ufficiale della “pizza napoletana”, un disco di pasta condito con il pomodoro, così riportata negli stessi Dizionari della Lingua italiana e nell’Enciclopedia Treccani.
Le prime pizzerie, senza dubbio, sono nate a Napoli e fino a metà del ’900 il prodotto era un’esclusiva di Napoli e delle Pizzerie. Fin dal 1700 erano attive nella città diverse botteghe, denominate “pizzerie”, la cui fama era arrivata sino al re di Napoli, Ferdinando di Borbone, che per provare questo piatto tipico della tradizione napoletana, violò l’etichetta di corte, entrando in una rinomata pizzeria, che da quel momento si trasformò in un locale alla moda, deputato alla esclusiva preparazione della “pizza”.
Le molteplici imitazioni dei prodotti Made in Italy, a cui neanche la pizza si sottrae, non sono soltanto il frutto di varianti culinarie ma, spesso, sfociano nella preoccupante realizzazione e denominazione di un prodotto, che assai poco si riesce a collegare con quanto è stato tramandato nei secoli nella città di Napoli.
La pizza, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale del 18 luglio 2000, è un “prodotto tradizionale” in quanto “le metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni”. Già nel 1998, l’Ente di normazione italiano (Uni), con la norma Uni 10791:98 “Verace pizza napoletana artigianale – Definizione, materie prime, requisiti”, stabilì le peculiarità di questo prodotto alimentare preparato con materie prime ben definite, seguendo uno specifico processo di produzione, costituito da un supporto di pasta lievitata, condito, sostanzialmente, con olio e pomodoro e che comprende due tipi: la “marinara” e la “margherita”, differenti tra loro per qualità e quantità degli ingredienti impiegati per guarnirle.
La normlemento di tradizionalità è la specifica qualità, la sequenza degli ingredienti e la omogeneità della loro distribuzione nella guarnizione, oltre aa descrive le materie prime da impiegare: (farina di grano tenero “tipo 00?, acqua, lievito di birra fresco e sale marino) per la preparazione dell’impasto, definendo i dettagli, i tempi, le temperature di lievitazione e le caratteristiche che l’impasto deve assumere, nonché le modalità di lavorazione del panetto lievitato per ottenere il classico disco con l’ispessimento periferico, il cosiddetto “cornicione”.
Altro significativo elle modalità di cottura, che deve avvenire in una particolare zona del forno, rigorosamente a legna, ad una determinata temperatura e per un certo tempo.
L’ultima parte della norma, esclusivamente di applicazione volontaria, è dedicata ai metodi di analisi e di controllo dei requisiti delle materie prime impiegate.
Dal 4 febbraio 2010, a tutela di questo prodotto, difendendone denominazione ed originalità, c’è il Reg. (Ue) n. 97/2010 della Commissione Europea che reca la registrazione nelle specialità tradizionali garantite della denominazione “Pizza Napoletana Stg“.
Tale marchio potrà essere utilizzato solo da coloro che si atterranno strettamente al disciplinare di produzione, in cui sono indicate le caratteristiche che questo prodotto deve avere.

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UE, nuove norme in materia ambientale

 

Nuove norme dalla20120109050231 RegioneLaziosaprocedurepisempliciperlerinnovabili Ue in materia ambientale, fra queste spiccano i Raee, il recupero dei rifiuti, la pollina e i rifiuti da attività estrattive.
Raee, il termine ultimo entro il quale i produttori di apparecchi di illuminazione devono comunicare al registro Raee quanto immesso al consumo nel biennio 2007-2008 è il prossimo 30 giugno.  Stesso termine per i produttori di apparecchi elettrici ed elettronici (Aee) che dovranno comunicare al registro i dati relativi a quantità e categorie di apparecchiature immesse sul mercato nel 2009 e i Raee raccolti ed esportati dal 2006 al 2008. I sistemi collettivi dei Raee e i singoli produttori di apparecchiature non aderenti a tali sistemi invece, dovranno comunicare al registro i dati relativi al peso dei Raee raccolti (suddivisi tra domestici e professionali), esportati, reimpiegati, riciclati e recuperati nel 2009.
Per il recupero dei rifiuti si modifica il Dm 5 febbraio 1998 (allegato 1, suballegato 1, punto 13.6.3) stabilendo che per le attività di recupero relative alla formazione di rilevati e al riutilizzo per recuperi ambientali, il test di cessione per i gessi da acidi organici, non richiede più il parametro «Cod» (domanda chimica di ossigeno).
Per la pollina, si modifica la legge 205/2008 e diventano sottoprodotti, previa autorizzazione dell’autorità competente, le deiezioni e le lettiere da allevamenti avicoli destinati alla combustione nel medesimo ciclo e disciplinata dalla parte quinta del Codice ambientale.
In ordine ai rifiuti da attività estrattive (Dlgs 117/2008), gli «inerti» per essere tali dovranno rispettare i criteri di caratterizzazione stabiliti nel nuovo allegato III-bis. L’arsenico diventa una delle sostanze scriminanti. In seguito, il ministero dell’ambiente dovrà stilare una lista positiva di rifiuti inerti.
Tra le direttive da recepire spicca la 2008/99/Ce sulla tutela penale dell’ambiente, che ai suoi articoli 6 e 7 contempla la responsabilità delle persone giuridiche come strumento di cui il sistema penale degli stati membri deve dotarsi per attuare una efficace protezione dell’ambiente. I criteri di delega prevedono la modifica del Dlgs 231/2001 con l’inserimento delle fattispecie criminose di cui alla direttiva e la previsione di sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive, adeguate e proporzionate, la confisca e la pubblicazione della sentenza. Il tutto, nell’osservanza dei principi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili, e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del Dlgs 231/2001. Analoghi criteri di delega sono dettati per recepire la direttiva 2009/123 sull’inquinamento provocato dalle navi.
Sul fronte energetico si segnala la delega (priva di criteri) per la direttiva 2009/29 che perfeziona il sistema di scambio di quote di CO2 e il fatto che gli impianti per produzione di energia con capacità non superiore a 1 Mw, alimentati da fonti rinnovabili, saranno soggetti a Dia.

NON LASCIAMOCI CONSUMARE DALLA SOCIETA’ DEI CONSUMI!
Lo sviluppo tecnologico negli ultimi decenni ci ha indubbiamente migliorato la qualità della vita, ma ci ha anche imposto svantaggi e ritmi frenetici. La produzione di rifiuti tecnologici provoca l’immissione nell’ambiente di sostanze tossiche (piombo, mercurio, cadmio, zinco, bromo) ed è oggi in costante aumento. Ad esempio se negli anni ’70 i computer avevano una vita media di 10 anni, oggi durano meno di 4 anni; considerando che il monitor di un computer o di un televisore contiene circa 2 kg di piombo c’è davvero di che preoccuparsi!
Col passar del tempo, molti sono gli spazi lavorativi che perdono in funzionalità, sicurezza e salubrità trasformandosi in veri e propri cimiteri di rifiuti tecnologici. Solo in Italia vengono dismesse annualmente più di 700mila tonnellate di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), circa 12 kg per abitante, che diventano in media circa 20 kg per ogni cittadino europeo.
Eppure è possibile ridurre l’impatto ambientale inserendo più dell’85% dei RAEE in un processo di riciclo, attraverso opportune modalità di ritiro, trasporto, stoccaggio, separazione dei materiali, eventuale riciclo e riutilizzo, smaltimento, il tutto nel rispetto della normativa vigente.
COSA SI INTENDE PER RAEE?
?    Piccoli e grandi elettrodomestici
?    Personal computer, calcolatrici, stampanti, fotocopiatrici
?    Apparecchi radio, televisori , videoregistratori, impianti hi-fi, cineprese
?    Apparecchiature elettromedicali
?    Strumenti e giocattoli elettrici ed elettronici (trapani, videogame, treni e macchine elettrici)
?    Distributori automatici, registratori di cassa
?    Telefoni, fax e cellulari
COSA PREVEDE LA LEGGE E COSA SI RISCHIA?
Le nuove normative sia nazionali che europee obbligano aziende ed enti a smaltire i RAEE prodotti secondo procedure rispettose dell’ambiente e della salute dei cittadini, pena una sanzione pecuniaria. Il D.Lgs 3 aprile 2006 stabilisce che chi detiene o produce RAEE è soggetto a controlli e verifiche da parte di Provincia, ARPA, Guardia di Finanza, Vigili Urbani, Vigili Ecologici, ASL. Ecco alcuni degli obblighi previsti:
?    Individuare il tipo di rifiuti speciali prodotti, attribuendovi l’idoneo codice CER (Codice Europeo Rifiuti)
?    Acquistare, vidimare ed aggiornare con cadenza settimanale un Registro di Carico/Scarico
?    Affidare entro 12 mesi i rifiuti ad aziende autorizzate al ritiro e al trattamento
?    Compilare il MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) e consegnarlo alla CCIAA di riferimento entro il 30 aprile di ogni anno

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Dodici stelle per i prodotti biologici: un nuovo logo per gli alimenti di qualità nell’Ue

 

Dall’inserto Agrimbandiera eued di aprile: Dodici stelle per i prodotti biologici. Dal primo luglio un nuovo logo identificherà gli alimenti di qualità nell’Ue, di Attilio Montefusco e Milena Petriccione
I consumatori di tutta Europa stanno diventando sempre più consapevoli dei benefici dell’agricoltura biologica come sistema agricolo sostenibile.
L’Italia è leader del biologico in Europa, sia per numero di operatori che per superfici agricole convertite.
Il settore ha attraversato indenne la crisi, infatti i dati degli ultimi anni parlano addirittura di una crescita nei consumi, aumentati del 7,4 per cento solo nel primo semestre 2009 (Dati Ismea). Un fatturato di circa tre miliardi di euro con ben 45 mila aziende agricole biologiche e oltre un milione di ettari di superficie coltivata.
In Campania, presso l’assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive nell’apposito Elenco Operatori Agricoltura Biologica in Campania (Erab), sono registrati, a tutto dicembre 2007, 1.488 operatori suddivisi come nella tabella in pagina.
La produzione biologica
Nell’ultimo ventennio, l’offerta di prodotti agricoli biologici è fortemente aumentata, nella maggior parte degli Stati dell’Unione Europea in quanto un numero sempre crescente di cittadini-consumatori scelgono prodotti bio.
Un ulteriore stimolo per il mercato dei prodotti biologici è dato dalle recenti riforme della politica agricola comune, che ha posto l’accento sull’orientamento al mercato e sull’offerta di prodotti di qualità che rispecchiano le esigenze dei consumatori (…).
Il nuovo Reg.CE n.834/2007 ha definito la produzione biologica come un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali.
Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.
Nell’ambito della produzione biologica rientrano l’agricoltura, l’allevamento e le fasi di trasformazione dei prodotti ottenuti dalla produzione primaria.
L’agricoltura biologica dovrebbe fare affidamento prevalentemente sulle risorse rinnovabili nell’ambito di sistemi agricoli organizzati a livello locale.
Al fine di limitare al minimo l’uso di risorse non rinnovabili, i rifiuti e i sottoprodotti di origine animale e vegetale dovrebbero essere riciclati per restituire gli elementi nutritivi alla terra. La produzione biologica vegetale dovrebbe contribuire a mantenere e a potenziare la fertilità del suolo nonché a prevenirne l’erosione (…)
Gli elementi essenziali del sistema di gestione della produzione biologica vegetale sono la gestione della fertilità del suolo, la scelta delle specie e delle varietà, la rotazione pluriennale delle colture, il riciclaggio delle materie organiche e le tecniche colturali.
Si dovrebbe ricorrere all’aggiunta di concimi, ammendanti e prodotti fitosanitari soltanto se tali prodotti sono compatibili con gli obiettivi e i principi dell’agricoltura biologica.
La produzione animale è una componente essenziale dell’organizzazione della produzione agricola nelle aziende biologiche?(…)
I prodotti biologici trasformati dovrebbero essere ottenuti mediante procedimenti atti a garantire la persistenza dell’integrità biologica e delle qualità essenziali del prodotto in tutte le fasi della catena di produzione.
Inoltre in tali prodotti la presenza di Ogm è limitata per quanto possibile alla presenza accidentale e tecnicamente inevitabile durante la produzione.
L’agricoltura biologica è sottoposta a controlli che riguardano tutta la filiera produttiva. Nel biologico esiste un Sistema di Controllo uniforme in tutta l’Ue, creato nel tempo da appositi regolamenti comunitari che si rivolgono sia alle coltivazioni vegetali sia all’allevamento degli animali, senza trascurare l’agroalimentare. Tali controlli possono essere effettuati da tecnici di strutture pubbliche o da tecnici di enti accreditati ai sensi della norma EN 45011.
Nel 2008, oltre al succitato regolamento del Consiglio, sono stati adottati due nuovi regolamenti della Commissione (Regg. CE n. 889/2008 e n. 1235/2008) che disciplinano la produzione biologica, l’importazione e la distribuzione di prodotti biologici, nonché la loro etichettatura entrati in vigore il 1 gennaio 2009. Alcune delle nuove disposizioni riguardanti l’etichettatura entreranno in vigore dal 1° luglio 2010.
Nel Regolamento della Commissione (CE) n. 889/2008, e successive modifiche ed integrazioni, sono disciplinati tutti i livelli di produzione vegetale ed animale, dalla coltivazione del terreno e dall’allevamento di animali alla trasformazione, alla distribuzione e al controllo degli alimenti biologici. Esso riporta numerosi dettagli tecnici e rappresenta, per la maggior parte, un ampliamento del Regolamento originale sul settore biologico.
In aggiunta alla normativa Ue in materia di agricoltura e produzione biologica, gli operatori che lavorano nel settore dell’agricoltura e della trasformazione biologica devono rispettare le regole generalmente applicabili alla produzione e alla trasformazione dei prodotti agricoli.
Ciò significa che in generale tutte le norme generalmente applicabili in materia di regolamentazione di produzione, trasformazione, commercializzazione, etichettatura e controllo dei prodotti agricoli si applicano anche ai cibi biologici.
Inoltre il Regolamento prevede che dal 1° luglio 2010 sull’etichetta, sotto nello spazio visivo del logo comunitario, dovrà essere inserito il numero di codice dell’autorità o dell’organismo di controllo e il luogo di origine delle materie prime agricole.
Il codice inizia con la sigla identificativa dello Stato membro o del paese terzo, secondo i codici paese di due lettere di cui alla norma internazionale ISO 3166 (per l’Italia IT), seguono un codice di tre lettere che identifica il metodo di produzione come “bio”, che stabilisce un nesso con il metodo di produzione biologica ed numero di riferimento, composto al massimo di tre cifre, stabilito dalla Commissione o Stato Membro per gli “organismi di controllo” riconosciuti.
In pratica i prodotti ottenuti, confezionati ed etichettati anteriormente al 1° luglio 2010, a norma del Regolamento (CEE) n. 2092/91 e del Regolamento (CE) n. 834/2007, potranno continuare ad essere commercializzati, con termini che fanno riferimento al metodo di produzione biologico, fino ad esaurimento delle scorte
Relativamente allo smaltimento delle scorte, il limite temporale massimo previsto arriva al 1° gennaio 2012. Circa i materiali da imballaggio prodotti a norma dei Regolamenti (CEE) n. 2092/91 è (CE) n. 834/2007, potranno continuare ad essere utilizzati per i prodotti commercializzati con termini che fanno riferimento al metodo di produzione biologico, fino al 1° gennaio 2012, a condizione che i prodotti siano conformi al regolamento (CE) n. 834/2007.
Nuovo marchio
Al termine del concorso bandito dall’Ue, circa 500 milioni di cittadini, hanno scelto il nuovo logo che contrassegnerà i prodotti biologici confezionati dal prossimo primo luglio.
Il logo vincente “Euro-leaf” o Eurofoglia è la raffigurazione stilizzata di una foglia delimitata da dodici stelle bianche, simbolo dell’Ue, su uno sfondo verde con al centro una cometa.
L’utilizzo del logo in etichetta, diventerà obbligatorio assieme al luogo di produzione ed alle altre indicazioni menzionate, per i prodotti biologici dei Paesi Ue e facoltativo per alimenti provenienti da paesi terzi. Esso indicherà che i prodotti sono stati ottenuti in conformità al Regolamento Ue sull’agricoltura biologica e pertanto promuove la fiducia dei consumatori riguardo all’origine e alla qualità dei loro alimenti e bevande.
Il vantaggio maggiore, derivante dall’applicazione del logo biologico Ue, sarà che i consumatori negli Stati Membri potranno facilmente identificare i prodotti biologici, indipendentemente dalla loro origine.
Il logo non può essere modificato né combinato con altri elementi, ma è possibile solo affiancarvi altri marchi nazionali o privati già esistenti. Al fine di migliorare l’identificazione di tutti i prodotti oltre a questo nuovo simbolo sono previsti altri elementi quali il numero di codice standardizzato dell’organismo ed il luogo di produzione delle materie prime agricole che entrano nella composizione del prodotto. Le produzioni biologiche vengono certificate da Organismi di Controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, le analisi sui prodotti in commercio condotte da laboratori accreditati e i controlli pubblici effettuati mediante ispezioni direttamente in azienda, per verificare che si rispettino i requisiti legali. Solo rispettando tali requisiti i prodotti possono essere venduti come biologici e guadagnare il diritto di portare il logo Euro-leaf.

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Dodici stelle per i prodotti biologici: un nuovo logo per gli alimenti di qualità nell’Ue

 

stelleDodici stelle per i prodotti biologici. Dal primo luglio un nuovo logo identificherà gli alimenti di qualità nell’Ue, di Attilio Montefusco e Milena Petriccione

I consumatori di tutta Europa stanno diventando sempre più consapevoli dei benefici dell’agricoltura biologica come sistema agricolo sostenibile.

L’Italia è leader del biologico in Europa, sia per numero di operatori che per superfici agricole convertite.

Il settore ha attraversato indenne la crisi, infatti i dati degli ultimi anni parlano addirittura di una crescita nei consumi, aumentati del 7,4 per cento solo nel primo semestre 2009 (Dati Ismea). Un fatturato di circa tre miliardi di euro con ben 45 mila aziende agricole biologiche e oltre un milione di ettari di superficie coltivata.

In Campania, presso l’assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive nell’apposito Elenco Operatori Agricoltura Biologica in Campania (Erab), sono registrati, a tutto dicembre 2007, 1.488 operatori suddivisi come nella tabella in pagina.

La produzione biologica

Nell’ultimo ventennio, l’offerta di prodotti agricoli biologici è fortemente aumentata, nella maggior parte degli Stati dell’Unione Europea in quanto un numero sempre crescente di cittadini-consumatori scelgono prodotti bio.

Un ulteriore stimolo per il mercato dei prodotti biologici è dato dalle recenti riforme della politica agricola comune, che ha posto l’accento sull’orientamento al mercato e sull’offerta di prodotti di qualità che rispecchiano le esigenze dei consumatori (…).

Il nuovo Reg.CE n.834/2007 ha definito la produzione biologica come un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali.

Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.

Nell’ambito della produzione biologica rientrano l’agricoltura, l’allevamento e le fasi di trasformazione dei prodotti ottenuti dalla produzione primaria.

L’agricoltura biologica dovrebbe fare affidamento prevalentemente sulle risorse rinnovabili nell’ambito di sistemi agricoli organizzati a livello locale.

Al fine di limitare al minimo l’uso di risorse non rinnovabili, i rifiuti e i sottoprodotti di origine animale e vegetale dovrebbero essere riciclati per restituire gli elementi nutritivi alla terra. La produzione biologica vegetale dovrebbe contribuire a mantenere e a potenziare la fertilità del suolo nonché a prevenirne l’erosione (…)

Gli elementi essenziali del sistema di gestione della produzione biologica vegetale sono la gestione della fertilità del suolo, la scelta delle specie e delle varietà, la rotazione pluriennale delle colture, il riciclaggio delle materie organiche e le tecniche colturali.

Si dovrebbe ricorrere all’aggiunta di concimi, ammendanti e prodotti fitosanitari soltanto se tali prodotti sono compatibili con gli obiettivi e i principi dell’agricoltura biologica.

La produzione animale è una componente essenziale dell’organizzazione della produzione agricola nelle aziende biologiche?(…)

I prodotti biologici trasformati dovrebbero essere ottenuti mediante procedimenti atti a garantire la persistenza dell’integrità biologica e delle qualità essenziali del prodotto in tutte le fasi della catena di produzione.

Inoltre in tali prodotti la presenza di Ogm è limitata per quanto possibile alla presenza accidentale e tecnicamente inevitabile durante la produzione.

L’agricoltura biologica è sottoposta a controlli che riguardano tutta la filiera produttiva. Nel biologico esiste un Sistema di Controllo uniforme in tutta l’Ue, creato nel tempo da appositi regolamenti comunitari che si rivolgono sia alle coltivazioni vegetali sia all’allevamento degli animali, senza trascurare l’agroalimentare. Tali controlli possono essere effettuati da tecnici di strutture pubbliche o da tecnici di enti accreditati ai sensi della norma EN 45011.

Nel 2008, oltre al succitato regolamento del Consiglio, sono stati adottati due nuovi regolamenti della Commissione (Regg. CE n. 889/2008 e n. 1235/2008) che disciplinano la produzione biologica, l’importazione e la distribuzione di prodotti biologici, nonché la loro etichettatura entrati in vigore il 1 gennaio 2009. Alcune delle nuove disposizioni riguardanti l’etichettatura entreranno in vigore dal 1° luglio 2010.

Nel Regolamento della Commissione (CE) n. 889/2008, e successive modifiche ed integrazioni, sono disciplinati tutti i livelli di produzione vegetale ed animale, dalla coltivazione del terreno e dall’allevamento di animali alla trasformazione, alla distribuzione e al controllo degli alimenti biologici. Esso riporta numerosi dettagli tecnici e rappresenta, per la maggior parte, un ampliamento del Regolamento originale sul settore biologico.

In aggiunta alla normativa Ue in materia di agricoltura e produzione biologica, gli operatori che lavorano nel settore dell’agricoltura e della trasformazione biologica devono rispettare le regole generalmente applicabili alla produzione e alla trasformazione dei prodotti agricoli.

Ciò significa che in generale tutte le norme generalmente applicabili in materia di regolamentazione di produzione, trasformazione, commercializzazione, etichettatura e controllo dei prodotti agricoli si applicano anche ai cibi biologici.

Inoltre il Regolamento prevede che dal 1° luglio 2010 sull’etichetta, sotto nello spazio visivo del logo comunitario, dovrà essere inserito il numero di codice dell’autorità o dell’organismo di controllo e il luogo di origine delle materie prime agricole.

Il codice inizia con la sigla identificativa dello Stato membro o del paese terzo, secondo i codici paese di due lettere di cui alla norma internazionale ISO 3166 (per l’Italia IT), seguono un codice di tre lettere che identifica il metodo di produzione come “bio”, che stabilisce un nesso con il metodo di produzione biologica ed numero di riferimento, composto al massimo di tre cifre, stabilito dalla Commissione o Stato Membro per gli “organismi di controllo” riconosciuti.

In pratica i prodotti ottenuti, confezionati ed etichettati anteriormente al 1° luglio 2010, a norma del Regolamento (CEE) n. 2092/91 e del Regolamento (CE) n. 834/2007, potranno continuare ad essere commercializzati, con termini che fanno riferimento al metodo di produzione biologico, fino ad esaurimento delle scorte

Relativamente allo smaltimento delle scorte, il limite temporale massimo previsto arriva al 1° gennaio 2012. Circa i materiali da imballaggio prodotti a norma dei Regolamenti (CEE) n. 2092/91 è (CE) n. 834/2007, potranno continuare ad essere utilizzati per i prodotti commercializzati con termini che fanno riferimento al metodo di produzione biologico, fino al 1° gennaio 2012, a condizione che i prodotti siano conformi al regolamento (CE) n. 834/2007.

Nuovo marchio

Al termine del concorso bandito dall’Ue, circa 500 milioni di cittadini, hanno scelto il nuovo logo che contrassegnerà i prodotti biologici confezionati dal prossimo primo luglio.

Il logo vincente “Euro-leaf” o Eurofoglia è la raffigurazione stilizzata di una foglia delimitata da dodici stelle bianche, simbolo dell’Ue, su uno sfondo verde con al centro una cometa.

L’utilizzo del logo in etichetta, diventerà obbligatorio assieme al luogo di produzione ed alle altre indicazioni menzionate, per i prodotti biologici dei Paesi Ue e facoltativo per alimenti provenienti da paesi terzi. Esso indicherà che i prodotti sono stati ottenuti in conformità al Regolamento Ue sull’agricoltura biologica e pertanto promuove la fiducia dei consumatori riguardo all’origine e alla qualità dei loro alimenti e bevande.

Il vantaggio maggiore, derivante dall’applicazione del logo biologico Ue, sarà che i consumatori negli Stati Membri potranno facilmente identificare i prodotti biologici, indipendentemente dalla loro origine.

Il logo non può essere modificato né combinato con altri elementi, ma è possibile solo affiancarvi altri marchi nazionali o privati già esistenti. Al fine di migliorare l’identificazione di tutti i prodotti oltre a questo nuovo simbolo sono previsti altri elementi quali il numero di codice standardizzato dell’organismo ed il luogo di produzione delle materie prime agricole che entrano nella composizione del prodotto. Le produzioni biologiche vengono certificate da Organismi di Controllo autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, le analisi sui prodotti in commercio condotte da laboratori accreditati e i controlli pubblici effettuati mediante ispezioni direttamente in azienda, per verificare che si rispettino i requisiti legali. Solo rispettando tali requisiti i prodotti possono essere venduti come biologici e guadagnare il diritto di portare il logo Euro-leaf.

I numeri nella regione

Sezione Sottosezione

1) Produttori Agricoli a) – Aziende “biologiche” 636

b) – Aziende “in conversione” 345

c) – Aziende “miste” 295

2) Preparatori 210

3) Raccoglitori dei prodotti spontanei 2

Totale 1488

Sono quasi millecinquecento gli operatori attivi nel settore biologico

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