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Pizza napoletana STG, ecco le regole

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 pizzaDall’insertopizza Agrimed di giugno di Attilio Montefusco direttore Consorzio Promos Ricerche e Milena Petriccione.
La pizza napoletana è entrata fra le eccellenze alimentari europee, ottenendo il nuovo marchio di “Specialità Tradizionale Garantita” (Stg), che tutela la provenienza e la ricetta di questa antica specialità culinaria di Napoli, riportata in numerosi documenti storici e testi letterari come una delle più grandi invenzioni della cucina napoletana.
La “Pizza Napoletana” compare tra il 1715 ed il 1725, quando Vincenzo Corrado, cuoco del Principe Emanuele di Francavilla, in un trattato sui cibi più utilizzati a Napoli, dichiara che il pomodoro viene impiegato per condire la pizza e i maccheroni. A ciò si riconduce la comparsa ufficiale della “pizza napoletana”, un disco di pasta condito con il pomodoro, così riportata negli stessi Dizionari della Lingua italiana e nell’Enciclopedia Treccani.
Le prime pizzerie, senza dubbio, sono nate a Napoli e fino a metà del ’900 il prodotto era un’esclusiva di Napoli e delle Pizzerie. Fin dal 1700 erano attive nella città diverse botteghe, denominate “pizzerie”, la cui fama era arrivata sino al re di Napoli, Ferdinando di Borbone, che per provare questo piatto tipico della tradizione napoletana, violò l’etichetta di corte, entrando in una rinomata pizzeria, che da quel momento si trasformò in un locale alla moda, deputato alla esclusiva preparazione della “pizza”.
Le molteplici imitazioni dei prodotti Made in Italy, a cui neanche la pizza si sottrae, non sono soltanto il frutto di varianti culinarie ma, spesso, sfociano nella preoccupante realizzazione e denominazione di un prodotto, che assai poco si riesce a collegare con quanto è stato tramandato nei secoli nella città di Napoli.
La pizza, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale del 18 luglio 2000, è un “prodotto tradizionale” in quanto “le metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni”. Già nel 1998, l’Ente di normazione italiano (Uni), con la norma Uni 10791:98 “Verace pizza napoletana artigianale – Definizione, materie prime, requisiti”, stabilì le peculiarità di questo prodotto alimentare preparato con materie prime ben definite, seguendo uno specifico processo di produzione, costituito da un supporto di pasta lievitata, condito, sostanzialmente, con olio e pomodoro e che comprende due tipi: la “marinara” e la “margherita”, differenti tra loro per qualità e quantità degli ingredienti impiegati per guarnirle.
La normlemento di tradizionalità è la specifica qualità, la sequenza degli ingredienti e la omogeneità della loro distribuzione nella guarnizione, oltre aa descrive le materie prime da impiegare: (farina di grano tenero “tipo 00?, acqua, lievito di birra fresco e sale marino) per la preparazione dell’impasto, definendo i dettagli, i tempi, le temperature di lievitazione e le caratteristiche che l’impasto deve assumere, nonché le modalità di lavorazione del panetto lievitato per ottenere il classico disco con l’ispessimento periferico, il cosiddetto “cornicione”.
Altro significativo elle modalità di cottura, che deve avvenire in una particolare zona del forno, rigorosamente a legna, ad una determinata temperatura e per un certo tempo.
L’ultima parte della norma, esclusivamente di applicazione volontaria, è dedicata ai metodi di analisi e di controllo dei requisiti delle materie prime impiegate.
Dal 4 febbraio 2010, a tutela di questo prodotto, difendendone denominazione ed originalità, c’è il Reg. (Ue) n. 97/2010 della Commissione Europea che reca la registrazione nelle specialità tradizionali garantite della denominazione “Pizza Napoletana Stg“.
Tale marchio potrà essere utilizzato solo da coloro che si atterranno strettamente al disciplinare di produzione, in cui sono indicate le caratteristiche che questo prodotto deve avere.