Nelle abitazioni sono diversi i casi in cui ci si può imbattere nell'amianto: pannelli, pavimenti, rivestimenti di camini, tubazioni, lastre di copertura, canne fumarie, serbatoi idrici, guarnizioni stufe, intonaco. Come afferma l’allegato sulla valutazione del rischio al Dm 6 settembre 1994, la presenza di materiali che contengono amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per la salute degli occupanti: «Se il materiale è in buone condizioni e non viene manomesso, è estremamente improbabile che esista un pericolo apprezzabile di rilascio di fibre di amianto». Lo stesso allegato indica norme e metodologie tecniche di applicazione della legge 257/1992 che ha messo al bando questo materiale. Le indicazioni del decreto si applicano a tutte le strutture edilizie: ad uso civile, commerciale o industriale.
Il proprietario dell’immobile - l’amministratore di condominio per le parti comuni, o il gestore dell’attività - deve sempre designare una figura responsabile del rischio amianto, con compiti di controllo e coordinamento dell’attività manutentiva, da cui passa la valutazione dell'eventuale bonifica. Il proprietario deve anche tenere i documenti relativi all’ubicazione dell’amianto, predisporre la segnaletica e le misure di sicurezza, fornire una corretta informazione agli occupanti dell’edificio sui rischi potenziali e i comportamenti da adottare.
A seconda del tipo di matrice, si predispone quindi un controllo visivo e strumentale periodico. «Il responsabile deve individuare la ditta qualificata e abilitata ad eseguire i lavori: cioè un’impresa iscritta all’Albo nazionale gestori ambientali, in categoria 10, con coordinatore e operai specificamente formati», aggiunge Erminio Barbati, vicepresidente Aibam (Associazione imprese bonificatori amianto).
La ditta deve redigere un “piano di lavoro” da presentare all'Asl competente per territorio - tranne casi di urgenza - almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Dopo 30 giorni scatta il silenzio-assenso.
A seconda delle caratteristiche di installazione e dello stato di conservazione, la bonifica può esser fatta tramite incapsulamento (trattare con vernice che ricostruisce la superficie e impedisce la fuga del materiale), confinamento (“chiusura” dietro murature) o rimozione del materiale. Non sempre è possibile rimuovere il materiale, a causa di impedimenti strutturali dell’edificio. In ogni caso, una volta accertata la presenza dell’amianto, è necessario stilare almeno un programma di controllo e manutenzione, per prevenire il rilascio e la dispersione di fibre, e nel caso intervenire per rimuovere o mettere in sicurezza.
«Il rischio è rappresentato dalla friabilità dei materiali e dalla loro esposizione. L’amianto in matrice compatta, comunemente conosciuto come cemento-amianto (fibrocemento, o eternit, dal nome del più diffuso prodotto commerciale), è meno pericoloso di quello in matrice friabile, che ha fibre libere o debolmente legate. Ma va sottoposto alla valutazione periodica dell’indice di degrado», spiega Nicola Giovanni Grillo, presidente di Aibam. In ogni caso, i lavori non si effettuano mai in presenza di abitanti.
«Quanto alle autorizzazioni edilizie - aggiunge Grillo - dipendono dal tipo di intervento collegato: se rimuovo soltanto una parte, non necessito di alcun particolare documento; se tolgo il cemento-amianto e rimetto un’altra copertura, coibentata, dovrò fare una comunicazione di inizio lavori».
Una volta completata l’opera, il materiale rimosso va portato in un centro di stoccaggio o direttamente in discarica. «A farlo può essere la stessa ditta che ha eseguito i lavori, ma per il trasporto deve esser comunque iscritta all’Albo in categoria 5: tutto è indicato nel piano di lavoro inviato all’Asl, anche il tragitto compiuto per lo smaltimento», dice il presidente di Assoamianto, Sergio Clarelli. «Al proprietario deve poi tornare entro 90 giorni una copia del Fir (formulario di identificazione rifiuti), che attesta il conferimento presso una discarica autorizzata. Questo documento si aggiunge al certificato di fine lavori, e all’eventuale copia del campionamento dell’aria successivo all’intervento».
AdA
fonte Sole24Ore 302/15 D.A.