fbpx

itenfrdees

Promos Ricerche è un Consorzio senza fini di lucro. SCOPO: La promozione e l’introduzione dell’innovazione in qualsiasi forma e settore. Scopri di più.

News

Appalti irregolari di lavoro: controlli sugli utilizzatori

Appalti irregolari di lavoro: controlli sugli utilizzatori

Stampa Email

Contrastare l’intermediazione illecita di manodopera, soprattutto nei settori della logistica e delle false cooperative. È uno degli obiettivi prioritari della programmazione della vigilanza per il 2018 messa in campo dall’Ispettorato nazionale del Lavoro. Le esternalizzazioni fittizie con riferimento alle false cooperative determinano rilevanti conseguenze anche nei confronti degli utilizzatori, che dovranno rispondere solidalmente dei debiti su retribuzioni e contributi. Situazione, tra l’altro, resa più pericolosa dalla sentenza della Corte costituzionale 254/2017, che ha esteso la responsabilità solidale del committente ai crediti di lavoro dei dipendenti anche del subfornitore.

Da qui la raccomandazione alle aziende di diffidare di realtà pseudo-imprenditoriali che propongono costi del lavoro così bassi da risultare evidentemente contrari alla legge. Occorre quindi rispettare gli indici di genuinità dell’appalto spiegati dal ministero nella circolare 5/2011 per non incorrere in pesanti sanzioni.

Il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte dello stesso appaltatore, del rischio d’impresa (articolo 29, comma 1, Dlgs 276/2003). Il ministero del Lavoro ha individuato diversi indici di non genuinità dell’appalto.

In primo luogo, rileva la mancanza in capo all’appaltatore della qualifica di imprenditore desumibile dalla documentazione fiscale o di lavoro (tra gli altri i bilanci e i libri contabili, le fatture commerciali, il certificato della camera di commercio, la relazione sulla gestione o il rendiconto finanziario), ma anche dalla carenza di specializzazione o esperienza in un determinato settore produttivo.

Un altro rilevante elemento di valutazione è l’assenza dell’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore nei confronti dei propri dipendenti. Questo potere non deve fermarsi alla sola gestione amministrativa del personale. In pratica, l’azienda deve essere in grado di organizzare e dirigere i lavoratori per realizzare quanto pattuito con il contratto di appalto.

Se l’appaltatore non fornisce i mezzi o le attrezzature per la realizzazione del risultato indicato dall’appalto, si potrebbe ipotizzare un appalto non genuino, soprattutto negli appalti denominati “leggeri” (si pensi al settore informatico), sempre se è assente un potere di organizzare le proprie maestranze. In definitiva l’appaltatore deve contribuire in maniera significativa al raggiungimento del risultato dedotto nel contratto, che il committente non potrebbe altrimenti realizzare con la propria attività.

Un altro elemento da valutare per la genuinità del contratto di appalto è l’assunzione da parte dell’appaltatore del rischio d’impresa, inteso come eventualità di non coprire tutti i costi dei materiali, delle attrezzature e della manodopera impiegati per la realizzazione dell’opera o del servizio. Il rischio deve essere esteso anche alla possibilità di non ricevere il corrispettivo pattuito per l’attività svolta e di dover comunque corrispondere le retribuzioni ai propri dipendenti, con il pagamento della contribuzione previdenziale e assistenziale.

In definitiva, si avrà un appalto illecito se l’appaltatore in accordo con il committente determinano il corrispettivo in base alla retribuzione oraria dei lavoratori e dei contributi da versare, desumibili sia dal libro unico del lavoro dell’appaltatore, sia dalle fatture commerciali.

In caso di appalto non genuino, l’utilizzatore rischia una sanzione pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di lavoro, che in ogni caso non può essere inferiore a 5mila euro né superiore a 50mila euro. La sanzione è prevista dall’articolo 18, comma 5-bis, del Dlgs 276/2003. Dal 6 febbraio 2016, con il Dlgs 8/2016, è stata predisposta la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria.

Con la circolare 6/2016 il ministero ha chiarito che nel caso in cui l’importo sia inferiore a 5mila euro, dovrà essere adeguato a questa somma, sulla quale si potrà operare la riduzione prevista dall’articolo 16 della legge 689/1981, fermi restando l’esclusione della diffida ex articolo 13 del Dlgs 124/2004 e il limite massimo previsto di 50mila euro.

fonte Sole24Ore 63/18 SR