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News - Ambiente & Energia

News - Ambiente & Energia (409)

Olio da frittura in attesa del giusto smaltimento

 

L’olio vegetale esausto non va gettato nolio vegetale esaustoello scarico domestico. In genere, si tratta del residuo dell’olio di frittura che, proprio per tale tipo di cottura, modifica la struttura polimerica, si ossida e assorbe le sostanze inquinanti della carbonizzazione dei residui alimentari. Per questo motivo l’olio per friggere va usato una sola volta e non deve essere disperso nell’ambiente, neanche attraverso le fognature.

Quando viene immesso nella rete fognaria, finisce inevitabilmente nel depuratore comunale; cioè in un impianto di trattamento di acque reflue che per depurare 1 kg di olio impiega almeno 3 kw/h di energia. Tradotto in termini economici, lo smaltimento di 1 kg di olio buttato nel lavandino comporta la spesa a carico della collettività di 0,45 centesimi. Se si considera che circa 280mila tonnellate di olio finiscono in fognatura, si arriva a 126 milioni di spreco.

Sotto il profilo ambientale e sanitario, invece, la dispersione dell’olio vegetale esausto produce più di un problema. Infatti, è un potente inquinante che – se disperso – rende sterili i terreni, poiché impedisce alle radici delle piante l’assunzione di sostanze nutritive; rende invivibili mari, fiumi e laghi, poiché non consente il necessario scambio di ossigeno tra aria e acqua (un kg d’olio impermeabilizza una superficie grande come un campo di calcio); si deposita sulle falde freatiche e, spostandosi con esse, raggiunge pozzi e giacimenti di acqua potabile rendendola non idonea all’uso. Si pensi che un litro di olio rende non potabile circa un milione di metri cubi di acqua (l’equivalente del consumo di una persona per 14 anni).
L’olio vegetale esausto, invece, è riciclabile. Il che impedisce la dispersione nell’ambiente e consente la sintesi di un buon combustibile alternativo a quelli tradizionali (cosiddetto biodiesel); inoltre, con una specifica e complessa lavorazione, può essere raffinato fino a renderlo adatto alla miscelazione con olio minerale lubrificante, bitumi stradali ed emulsionanti, glicerina per saponificazione.

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Differenziata a regola d’arte

 

differenziata

 

La raccolta differenziata dei rifiuti, a volte, viene vissuta dai cittadini come un fastidio. Infatti, già dentro le mura di casa, occorre trovare un posto per ogni tipologia di rifiuti che l’attività domestica produce. Tuttavia, la selezione domestica rappresenta il primo e fondamentale passo verso il riciclaggio di qualità (frazioni più pulite) e il conseguente minore impatto sul territorio dato dalla riduzione dei flussi avviati a discarica o a termovalorizzazione. Accanto alle frazioni di vetro, plastica, carta, metalli (tipicamente rappresentate dagli imballaggi), in casa si produce anche qualcosa di particolare: il rifiuto biodegradabile, il cosiddetto “umido”, a base di biomassa.
In questa dizione confluiscono tutti i rifiuti di cucina: avanzi crudi o cotti di carne e pesce, dolci, pane, salumi, formaggi, filtri di tè e tisane, fondi di caffè, scarti di frutta e verdura, gusci di uova, pasta, riso, farina, fiori e piantine, piume e capelli. Si aggiungono gli alimenti scaduti. L’umido incide sui rifiuti prodotti in casa in modo considerevole; si stima, infatti, che rappresenti circa un terzo del totale.

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Rogiti con certificato energetico

ROGITO-CON-CERTIFICATO-ENERGETICO 

La certificazione energetica degli edifici potrebbe avere tra breve un nuovo e rilevante capitolo della sua tormentata storia. Nel decreto legislativo attuativo della direttiva 2009/28/CE in tema di promozione dell’uso di energia derivante da fonti rinnovabili varato dal consiglio dei ministri (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri), si dispone (all’articolo 11) una modifica dell’articolo 6 del decreto legislativo 192/2005 e cioè della norma che impone l’obbligo di “dotare” gli edifici oggetto di compravendita dell’attestato di certificazione energetica (Ace).

Tralasciando il caso degli immobili nuovi (che debbono inderogabilmente avere l’Ace), la normativa statale attualmente vigente impone che, se viene trasferita una unità immobiliare non nuova, essa deve essere “dotata” del certificato energetico. Nel testo originario del decreto legislativo 192 la presenza dell’Ace (allora si chiamava Aqe) era prescritta a pena di nullità, ma poi, con il decreto legge 112/2008 (articolo 35, comma 2-bis) la sanzione di nullità venne soppressa e l’obbligo di “dotazione” è stato da allora interpretato come norma derogabile. In altri termini, i contraenti possono accordarsi che sia l’acquirente a farsi carico dell’obbligo di dotare di Ace l’immobile acquistato, con la conseguenza che il continuo rimpallo dell’obbligo di dotazione tra un soggetto e l’altro provoca che l’immobile resta in sostanza privo di Ace se ubicato in regioni diverse da quelle che, come ad esempio la Lombardia e l’Emilia Romagna, abbiano previsto discipline più stringenti di quella statale.

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Nel 2017 acqua calda dalle rinnovabili al 50%

 

Nel decreto sulle rinnovabili non c’è solo il nodo degli incentivi al settore. Ci sono anche norme che impattano in modo sensibile sulle costruzioni. Il decreto legislativo 28, infatti, stabilisce nuovi obiettivi di energia, termica ed elettrica, da raggiungere attraverso un percorso graduale che va da maggio 2012 al 2017 sia per i nuovi edifici che per le ristrutturazioni rilevanti di quelli esistenti.

A introdurre gradualmente gli standard è l’allegato 3. Il primo scaglione partirà dal 31 maggio del 2012 e arriverà fino a dicembre 2013: da allora tutti gli immobili dovranno coprire almeno il 20% del fabbisogno di acqua calda sanitaria con energia rinnovabile. Una percentuale che non è particolarmente onerosa (in molte Regioni già oggi le soglie sono molto maggiori). Dal 2017 che si dovrà centrare l’obiettivo del 50% di acqua calda sanitaria «verde». Analoghi scaglioni – da maggio 2012 al 2017 – sono previsti anche per il fabbisogno di energia elettrica prodotta con le rinnovabili.

Molto complesso sarà il rapporto con gli indici richiesti dalle leggi regionali: il decreto 28, all’articolo 11, infatti da un lato ammette la possibilità che Autonomie e Comuni richiedano valori superiori e, dall’altro, prevede in modo categorico che «gli obblighi previsti da atti normativi regionali» siano adeguati entro 180 giorni, pena la decadenza e l’applicazione dei limiti statali.

L’impresa che riesce a incrementare del 30% i valori minimi di copertura da rinnovabile ottiene un bonus volumetrico del 5% in più. Previste anche nuove sanzioni: il costruttore che installa impianti di energia rinnovabile senza titolo paga in solido una sanzione pecuniaria da 1.000 a 150mila euro nei casi più rilevanti e da 500 a 30mila per quelli domestici.

Fonte: energiaIl Sole 24 Ore

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Progetto Conai-Amra, il gas fa la differenza

 

Ventotto grammi di petrolio. Alla fin fine una bottiglia di plastica consiste in ventotto grammi di petrolio. “E precisamente in questo consiste il suo grande pregio”, commenta Giuseppe Rossi, presidente di Corepla, Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica. Sì perché contrariamente a quel che solitamente pensiamo, il fatto che la plastica conservi intatta la sua matrice petrolifera può rappresentare una svolta sul fronte del riciclo e del risparmio energetico. Una incoraggiante sperimentazione in tal senso è stata appena presentata da Conai (Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi) e da Amra (Centro di competenza Regionale per l’Analisi e il Monitoraggio del Rischio Ambientale), che insieme hanno realizzato nella zona industriale di Caserta il primo impianto pilota di gassificazione a letto fluido in Italia.
Si tratta di un innovativo processo per il recupero di energia e materia da rifiuti urbani e di imballaggio. Secondo Umberto Arena, ordinario di Impianti Chimici alla Sun e membro del comitato esecutivo dell’Amra, “questa tecnologia potrebbe contribuire in modo notevole alla riduzione della quota di materiale che finisce in discarica e, soprattutto, servirebbe a recuperare materie ed energie anche dagli scarti di processi di selezione e riciclo di materiale da raccolta differenziata”.
Il progetto è nato nel 2006 da una convenzione tra Conai ed Amra ed è stato finanziato con un contributo di 1.100.000 euro, 600 mila investiti da Conai e 500 mila provenenti dai fondi europei della Regione Campania. Oltre a rappresentare una realtà in netta controtendenza rispetto ai noti problemi della nostra regione in materia di smaltimento e riciclo dei rifiuti, l’impianto di Caserta impatta su un mercato in netta crescita.

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Al debutto la «Dia» per le fonti rinnovabili

 

Nuovi obblighi per le fonti rdiainnovabili e promozione del risparmio energetico. Queste le linee guida del decreto legislativo n. 28 del 3 marzo 2011 (pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 81 della «Gazzetta Ufficiale» n. 71 del 28 marzo) che è entrato in vigore ieri.
Atteso dal 5 dicembre (quando era scaduto il termine base della delega contenuta nella Comunitaria 2009), il decreto legislativo attua la direttiva per la «promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili» n. 28 del 23 aprile 2009.

L’obiettivo dell’intervento normativo è porre le basi per permettere all’Italia di adempiere entro il 2020 all’obbligo di utilizzo di fonti rinnovabili assegnatole in sede comunitaria, che è pari al 17% del consumo finale lordo di energia (inteso come aggregato dei consumi elettrici, dei trasporti e della climatizzazione).

Il decreto concentra l’intervento su due principali filoni. Da un lato sono stati introdotti nuovi incentivi e obblighi per l’uso delle fonti rinnovabili, quali fonti energetiche primarie per la generazione elettrica e per la climatizzazione degli ambienti, e in relazione ai biocarburanti per il trasporto. Il secondo campo di intervento è la promozione del risparmio energetico finalizzato a ridurre il consumo complessivo sul quale, nel 2020, andrà calcolata la quota nazionale.

Oltre ai temi già ampiamente discussi, quali il passaggio dal terzo al quarto conto energia il 1° giugno 2011 (oggetto di un decreto ministeriale in corso di predisposizione) e la previsione di limiti all’uso delle aree agricole per l’installazione di impianti fotovoltaici, il provvedimento introduce norme di dettaglio di particolare interesse.

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Cambiano le etichette energetiche

 

Case più rispettose dell’ambiente e bolletta deetichetta energlla luce meno pesante: con le nuove etichette energetiche, i consumatori avranno un ulteriore strumento per scegliere elettrodomestici più efficienti. E anche il televisore (che finora ne era sprovvisto) avrà la sua carta “carta d’identità” energetica. La deadline per la novità è fissata per l’ultima parte dell’anno, ma già da ora gli acquirenti possono trovare prodotti con un biglietto da visita realizzato secondo la nuova disciplina. Ecco qualche indicazione per scegliere con maggiore consapevolezza.

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«L’obbligo di etichetta energetica esisteva già – spiega Milena Presutto dell’Unità tecnica efficienza energetica (Utee) dell’Enea – essendo stata introdotta dalla precedente direttiva quadro (92/75/Cee) che prevedeva una precisa lista di prodotti per i quali i consumatori dovevano ricevere informazioni armonizzate riguardo all’eco-efficienza: lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, forni, asciugatrici, lavasciugatrici, condizionatori, sorgenti luminose. Ora però con la direttiva quadro 2010/30/Ue del 20 maggio l’etichettatura energetica è stata estesa a tutti gli apparecchi che consumano energia in fase di utilizzo (quindi anche ai televisori) e anche a quei prodotti che, quando installati, danno luogo a risparmi energetici, come gli infissi o le finestre».

 

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Imballaggi – Requisiti essenziali

 cartoniDagli studi più recenti emerge che l’opinione pubblica italiana manifesta una sensibilità crescente nei confronti della salvaguardia dell’ambiente e, nel particolare caso dell’imballaggio, valuta la sua sostenibilità.

Frequentemente, tuttavia, le opinioni espresse dai media sembrano non considerare che il mondo dell’imballaggio è soggetto  a disposizioni di legge che ne regolano il rapporto con l’ambiente e richiedono, in definitiva,  la riduzione dell’utilizzo delle risorse nel momento della progettazione e il loro recupero nella fase post-consumo.

Già oggi, moltissimi imballaggi sono realizzati con la minore quantità di materiale possibile senza che questo ne infici la funzione e sono tanti anche gli imballaggi che vengono recuperati quando diventano un rifiuto/risorsa, al termine di un compito svolto in genere egregiamente.

La continua evoluzione verso soluzioni di imballaggio sempre più sostenibili è voluta dalla legge, ma è anche l’espressione della natura stessa delle aziende che determinano la scelta dell’imballaggio: quelle che lo utilizzano per riempirlo con i loro prodotti e quelle che lo realizzano. Infatti, anche il packaging è sottoposto  alla più classica delle richieste economiche: fare di più con meno.

Se le disposizioni e l’economia orientano l’imballaggio verso una sempre maggiore sostenibilità, quale altro fenomeno può aiutare le aziende a rendere questo processo continuativo nel tempo ? Certamente il sapere tecnico specifico.

Questo documento è, in effetti , un contributo al sapere tecnico per tutti coloro che desiderino affrontare il tema della realizzazione di imballaggi sostenibili con un approccio scientifico.

Il pratico sistema  delle domande e delle risposte permette ai vari soggetti della filiera, che definiscono l’imballaggio, di stabilire se i loro imballaggi possiedano le caratteristiche ambientali richieste dalla legge.

Inoltre, adottando i suggerimenti che sono espressi in questo manuale, i tecnici hanno la possibilità di dimostrare le motivazioni delle loro scelte e di conseguenza possono verificarne la validità nel tempo, mirando al miglioramento continuo.

Tutte le aziende che producono e utilizzano imballaggi farebbero bene a dotarsi di questo strumento, in particolare le PMI per le quali è stato primariamente pensato.

Dal sito UNI è possibile scaricare il testo gratuitamente.

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Criteri-qualità per recupero di rottami metallici e leghe

 

Entrano in vigoremercurio dal 28 aprile – ma si applicheranno dal 9 ottobre 2011, per consentire alle imprese di familiarizzare con il nuovo sistema – i criteri europei che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti e diventano prodotti.

I criteri sono oggetto del regolamento (Ce) 333/2011 del 31 marzo 2011 (pubblicato sulla Guue L 94 dell’8 aprile 2001) e rappresentano la prima attuazione della disciplina relativa al cosiddetto “end of waste”, introdotta dall’articolo 6 della direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti e codificata nell’ordinamento nazionale dall’articolo 184-ter del Dlgs 152/2006 (modificato dal Dlgs 205/2010). Il fine è conseguire livelli più elevati di riciclaggio e limitare l’estrazione di risorse naturali. L’obiettivo europeo è quello di creare una società del riciclaggio, che evita di produrre rifiuti e che, per quanto possibile, usa i rifiuti inevitabili come risorsa.

Si conclude così la discussione che, a livello comunitario e nazionale, contrappone da oltre dieci anni imprese e pubblica amministrazione nell’ascrivere o meno ai rottami metallici la natura di rifiuto. Inoltre, il regolamento evita che ogni Stato prenda una deriva individuale. Il regolamento è costituito da 7 articoli e 3 allegati ed ha per oggetto i rottami di ferro, acciaio, alluminio e i rottami di leghe di alluminio. La composizione dei rottami non deve essere esclusiva, bastando che questi «siano costituiti principalmente» da questi metalli.

Prima che i rottami possano perdere la qualifica di rifiuti, occorre terminare qualsiasi trattamento – taglio, frantumazione, lavaggio e disinquinamento – necessario per preparare i rottami all’utilizzo finale in impianti di lavorazione dell’acciaio o dell’alluminio oppure nelle fonderie. Ad esempio, per le vecchie autovetture occorre procedere allo smontaggio, alla rimozione di liquidi e composti pericolosi e al trattamento della frazione metallica, in modo da recuperare rottami metallici puliti che soddisfano i criteri stabiliti.

Esistono, infatti, criteri comuni e specifici. Quelli comuni prevedono che il produttore o l’importatore stili (per ogni partita di rottami) la dichiarazione indicata nell’allegato III al regolamento (anche in formato elettronico) e, per almeno un anno, ne conservi una copia a disposizione delle autorità che la richiedano. Una copia della dichiarazione va trasmessa al detentore successivo della partita di rottami. Si aggiunge la gestione della qualità fondata su una serie di procedimenti documentali (dal controllo di accettazione dei rifiuti al monitoraggio delle tecniche di trattamento, dalla qualità alla formazione del personale).

Se i trattamenti previsti sono effettuati da un detentore precedente, il produttore si assicura che il fornitore applichi un sistema conforme al nuovo regolamento. I criteri specifici si riferiscono, invece, fondamentalmente al rispetto di quanto stabilito negli allegati I (ferro e acciaio) e II (alluminio). Dai criteri per l’alluminio sono esclusi: limatura, scaglie e polveri contenenti oli o emulsioni oleose; fusti e contenitori. Sono ammessi gli apparecchi da veicoli fuori uso che contengono vernici.

Il regolamento (come la direttiva 2008/98/Ce) non parla mai di materie prime secondarie (Mps), il che avrà i suoi benefici effetti anche e soprattutto sui trasporti transfrontalieri dove il disaccordo tra gli Stati spesso non consente di esportarle come prodotti, ma sempre come rifiuti.

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Pmi agricole, priorità al risparmio energetico

energia3Obiettivo: promuovere l’innovazione e l’adozione di fonti alternative. Sul piatto oltre 23 milioni di euro. Le domande vanno presentate da lunedì 5 settembre al 30 ottobre
Approvvigionamento energetico più efficiente e nuove infrastrutture al servizio del sistema agricolo regionale sono il cuore dei nuovi bandi aperti dalla Regione Campania nell’ambito del programma di sviluppo rurale (Psr). Per finanziare le due misure (125.2 e 125.3) Palazzo Santa Lucia investe 23 milioni di euro, 5 dei quali destinati a sostenere lo sviluppo di forme di trasporto innovative e 18 impiegati per ridurre l’impatto ambientale nelle operazioni di rifornimento energetico delle imprese agricole e abbattere i costi di approvvigionamento.
Possono chiedere il contributo Comuni, Comunità Montane e Province anche se destinatarie finali degli interventi sono le aziende agricole della Campania.


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