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Olio da frittura in attesa del giusto smaltimento

 

L’olio vegetale esausto non va gettato nolio vegetale esaustoello scarico domestico. In genere, si tratta del residuo dell’olio di frittura che, proprio per tale tipo di cottura, modifica la struttura polimerica, si ossida e assorbe le sostanze inquinanti della carbonizzazione dei residui alimentari. Per questo motivo l’olio per friggere va usato una sola volta e non deve essere disperso nell’ambiente, neanche attraverso le fognature.

Quando viene immesso nella rete fognaria, finisce inevitabilmente nel depuratore comunale; cioè in un impianto di trattamento di acque reflue che per depurare 1 kg di olio impiega almeno 3 kw/h di energia. Tradotto in termini economici, lo smaltimento di 1 kg di olio buttato nel lavandino comporta la spesa a carico della collettività di 0,45 centesimi. Se si considera che circa 280mila tonnellate di olio finiscono in fognatura, si arriva a 126 milioni di spreco.

Sotto il profilo ambientale e sanitario, invece, la dispersione dell’olio vegetale esausto produce più di un problema. Infatti, è un potente inquinante che – se disperso – rende sterili i terreni, poiché impedisce alle radici delle piante l’assunzione di sostanze nutritive; rende invivibili mari, fiumi e laghi, poiché non consente il necessario scambio di ossigeno tra aria e acqua (un kg d’olio impermeabilizza una superficie grande come un campo di calcio); si deposita sulle falde freatiche e, spostandosi con esse, raggiunge pozzi e giacimenti di acqua potabile rendendola non idonea all’uso. Si pensi che un litro di olio rende non potabile circa un milione di metri cubi di acqua (l’equivalente del consumo di una persona per 14 anni).
L’olio vegetale esausto, invece, è riciclabile. Il che impedisce la dispersione nell’ambiente e consente la sintesi di un buon combustibile alternativo a quelli tradizionali (cosiddetto biodiesel); inoltre, con una specifica e complessa lavorazione, può essere raffinato fino a renderlo adatto alla miscelazione con olio minerale lubrificante, bitumi stradali ed emulsionanti, glicerina per saponificazione.

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Olio d’oliva, regole per la filiera

 

Dall’inserto Agrimed de Il Denaro di gennaio: Olio d’oliva, regole per la filiera.  La commercializzazione dei prodotti e le normative per chi vende e chi consuma
Attilio Montefusco e Milena Petriccione
L’ulivo (Olea europaea L.) è un albero leggendario, tipico del paesaggio del bacino del Mediterraneo, conosciuto fin dall’antichità per i suoi frutti (drupe), che sono utilizzati sia per l’estrazione dell’olio che per il consumo diretto nell’alimentazione. Era conosciuto già dagli Egizi come simbolo di pace e di concordia, di sapienza e di prosperità, è stato poi coltivato dai Greci e dai Romani che estraevano dai suoi frutti l’olio utilizzato per uso alimentare ma anche per uso aromatico e balsamico, oltre che per far ardere lampade e torce. La sua coltivazione iniziata nell’antichità grazie a diversi popoli e culture, si estende tra il 35° e il 45° parallelo di latitudine Nord, dove il clima temperato ben corrisponde alle sue esigenze colturali. L’ottenimento di un prodotto di qualità elevata è correlato al grado di maturazione delle olive al momento della raccolta ed influenza in particolar modo le caratteristiche organolettiche e il colore dell’olio. Il giusto grado di maturazione è rappresentato dall’invaiatura, cioè quando si ha il viraggio della buccia dal verde intenso ad una colorazione finale che varia, secondo la cultivar, al rosso porpora e al nero. Una raccolta molto precoce dà oli di colore verde intenso con note di amaro e piccante mentre una raccolta tardiva dà oli con maggiore acidità (e minor quantità di acidi polinsaturi) unita a un fruttato dolce. La qualità dell’olio è influenzata anche dallo stato sanitario dei frutti, dalle modalità di raccolta, di trasporto al frantoio e dalla molitura. L’olio d’oliva possiede qualità organolettiche e nutritive che gli permettono di avere un mercato ad un prezzo elevato, tenuto conto dei costi di produzione, rispetto alla maggior parte degli altri grassi vegetali. Vista questa situazione di mercato, sono state stabilite nuove norme di commercializzazione, contenenti in particolare norme specifiche in materia di etichettatura, complementari a quelle previste per i prodotti alimentari.
Caratteristiche
L’oliva è un frutto ricco d’acqua (circa il 50 per cento del suo peso) e l’estrazione dell’olio può avvenire con mezzi puramente naturali. ” sufficiente ridurre le olive ad una pasta con un’operazione di molitura e poi sottoporla a spremitura o a centrifugazione per ottenere la separazione dell’acqua e dell’olio dalle parti solide del frutto. Successivamente, poiché l’acqua e l’olio non sono miscibili, è facile separarli per centrifugazione. Gli oli vengono definiti “vergini” quando sono ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, che non causano alterazioni del prodotto, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. In base alle normative vigenti (Reg. CE n. 2568/91) gli oli vergini vengono classificati in relazione a determinate caratteristiche chimiche, prima fra tutte l’acidità libera (espressa in grammi di acido oleico per 100 grammi di olio).
Gli oli di oliva vergini sono quelli commestibili per eccellenza e sono l’”olio extra vergine di oliva” e l’”olio di oliva vergine “, così definiti in base alla loro acidità ed in particolare il primo deve avere un’acidità massima dello 0,8 per cento ed il secondo del 2 per cento. Tutti gli oli con un’acidità superiore al 2 per cento non sono commestibili e vengono denominati “olio di oliva vergine lampante”. Tali oli possono essere raffinati ed utilizzati nella preparazione del cosiddetto “olio d’oliva”; quest’ultimo, infatti, viene ottenuto dalla miscelazione dell’olio di oliva vergine con olio d’oliva raffinato fermo restando l’ obbligo di esprimere un tenore di acidità libera inferiore all’1 per cento.
Durante il processo di molitura si forma la sansa composta dai residui del frutto dell’ulivo e dai frammenti del nocciolo, da cui si ricava nei sansifici l’”olio di sansa greggio” mediante il trattamento con solventi (sostanze chimiche). L’olio di sansa greggio e l’olio di sansa raffinato non sono commestibili a meno che quest’ultimo non venga mescolato con olio di oliva vergine ottenendo un olio con un tenore di acidità libera inferiore all’1 per cento (“olio di sansa di oliva”). Esso risulta commestibile ma ha una composizione e proprietà completamente differenti, ed è un olio di minor pregio e costo.
Commercializzazione
Gli oli d’oliva commestibili, destinati al consumatore, in base a quanto stabilito dal Reg. CE 1019/2002, devono essere messi in vendita esclusivamente preconfezionati in recipienti, della capacità massima di 5 litri provvisti di un sistema di chiusura che perda la sua integrità dopo la prima utilizzazione, anche se acquistati direttamente dal frantoio o presso la sede privata del piccolo produttore locale.
Gli oli destinati alla preparazione dei pasti nei ristoranti, ospedali, mense o altre collettività simili possono essere preconfezionati in recipienti di capacità massima non superiore a venticinque litri e non sono soggetti a sistemi di chiusura di garanzia.
L’etichettatura
Le indicazioni da riportare in etichetta sono previste sia dalla normativa generale in materia di etichettatura (D.Lgs. 109/92) presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, emanato in attuazione dell’apposita direttiva comunitaria, sia da normative comunitarie che nazionali specifiche di settore.
Il consumatore deve essere informato e venire a conoscenza di alcune informazioni simultaneamente; infatti, tre delle indicazioni obbligatorie (denominazione del prodotto, quantità e termine minimo di conservazione) debbono apparire nello stesso campo visivo.
Sull’etichetta devono essere presenti altre formazioni facoltative delle lavorazioni “a freddo”, delle indicazioni relative all’acidità e di quelle concernenti le caratteristiche organolettiche. L’indicazione dell’origine geografica “Olio Italiano” potrà essere riportata solo nel caso in cui l’olio vergine, o extra vergine sia stato ottenuto in Italia da olive italiane. Nel caso di miscele, si potrà indicare l’origine della quota prevalente dell’olio a condizione che la stessa sia almeno pari al 75 per cento.
L’etichettatura nutrizionale per gli oli di oliva comporta l’elencazione, nell’ordine, delle indicazioni relative al valore energetico e alla quantità di proteine, di carboidrati e di grassi e che è obbligatorio far riferimento alla quantità di acidi grassi saturi, quando si indica la quantità di una delle seguenti sostanze: acidi grassi polinsaturi, acidi grassi monoinsaturi e colesterolo. Tali norme si sono rivelate insufficienti ad evitare che i consumatori siano indotti in errore sulle reali caratteristiche e l’origine di taluni prodotti; quindi, a partire dal 1° luglio 2009 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 182/2009, che ha introdotto nuove norme di commercializzazione dell’olio di oliva. Le modalità applicative di questo regolamento sono state recepite dal Decreto del Mipaaf (Ministero Politiche Agricole, Ambientali e Forestali) del 10 novembre 2009. In linea con le norme di tracciabilità della legislazione alimentare europea, è stata introdotta l’etichettatura di origine obbligatoria, a tutela sia del consumatore che ha il diritto di sapere che cosa sta comprando sia dei produttori che devono essere in grado di impiegare metodi di produzione di qualità e, facendoli conoscere opportunamente, di utilizzarli come strumenti di marketing. Nella Comunità Europea, una parte significativa degli oli di oliva vergini ed extra vergini è costituita da miscele di oli originari di vari Stati membri e paesi terzi, con il presente regolamento è diventata obbligatoria l’indicazione dell’origine sull’etichetta delle suddette miscele. Tali disposizioni consentiranno di abolire le norme precedenti relative all’indicazione in etichetta dell’”origine predominante”, che risultavano complesse da applicare, difficili da controllare e potenzialmente fuorvianti.
Miscele europee
Nel caso di miscele di oli di oliva ottenuti da oli provenienti da Stati membri o paesi terzi, in etichetta dovrà essere apposta una delle seguenti diciture: “miscela di oli di oliva comunitari” oppure un riferimento allo Stato d’origine comunitario; “miscela di oli di oliva non comunitari” oppure un riferimento al Paese d’origine non comunitario; “miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari”oppure un riferimento allo Stato d’origine comunitario e non comunitario.
Il consumatore leggendo con attenzione l’etichetta presente sulla confezione di olio sa esattamente cosa sta comprando ed ha la possibilità di distinguere il prodotto italiano dagli oli di oliva provenienti da altri Paesi comunitari e non comunitari.
Le indicazioni in etichetta
Voci obbligatorie
1.Denominazione di vendita
2.Indicazione “Olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” (per l’olio extravergine);
“Olio di oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”(per l’olio di oliva vergine).
3.Riferimenti al responsabile commerciale (nome e/o marchio, indirizzo).
4.Sede dello stabilimento di confezionamento con codice alfanumerico identificativo della provincia.
5.Indicazione dell’origine, secondo quanto stabilito dal Reg. Ce 182/09.
6.Quantità.
7.Termine minimo di conservazione indicato almeno con mese/anno.
8.Lotto (facoltativo se il termine minimo di conservazione è riportato con l’indicazione del gg/mm/aaaa).
9.Modalità di conservazione (es. Conservare al riparo dalla luce)
Voci facoltative
1.Indicazioni relative al metodo estrattivo quali “prima spremitura a freddo” oppure “estratto a freddo”, secondo quanto stabilito dal Reg. CE 1019/02.
2.Indicazioni relative alla caratteristiche organolettiche.
3.Indicazioni relative all’acidità massima, ma solo se accompagnate dalle indicazioni (riportate in caratteri della stessa grandezza) relative all’indice dei perossidi, del tenore di cere e dell’assorbimento ultravioletto.
4.Indicazioni relative agli abbinamenti gastronomici del prodotto.
5.Ulteriori indicazioni in riferimento all’azienda produttrice (es. certificazioni, riconoscimenti, ecc.).olio

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Olio d’oliva, regole per la filiera

 

Dall’inserto Agrimed de Il Denaro di gennaio: Olio d’oliva, regole per la filiera.  La commercializzazione dei prodotti e le normative per chi vende e chi consuma
Attilio Montefusco e Milena Petriccione

L’ulivo (Olea europaea L.) è un albero leggendario, tipico del paesaggio del bacino del Mediterraneo, conosciuto fin dall’antichità per i suoi frutti (drupe), che sono utilizzati sia per l’estrazione dell’olio che per il consumo diretto nell’alimentazione. Era conosciuto già dagli Egizi come simbolo di pace e di concordia, di sapienza e di prosperità, è stato poi coltivato dai Greci e dai Romani che estraevano dai suoi frutti l’olio utilizzato per uso alimentare ma anche per uso aromatico e balsamico, oltre che per far ardere lampade e torce. La sua coltivazione iniziata nell’antichità grazie a diversi popoli e culture, si estende tra il 35° e il 45° parallelo di latitudine Nord, dove il clima temperato ben corrisponde alle sue esigenze colturali. L’ottenimento di un prodotto di qualità elevata è correlato al grado di maturazione delle olive al momento della raccolta ed influenza in particolar modo le caratteristiche organolettiche e il colore dell’olio. Il giusto grado di maturazione è rappresentato dall’invaiatura, cioè quando si ha il viraggio della buccia dal verde intenso ad una colorazione finale che varia, secondo la cultivar, al rosso porpora e al nero. Una raccolta molto precoce dà oli di colore verde intenso con note di amaro e piccante mentre una raccolta tardiva dà oli con maggiore acidità (e minor quantità di acidi polinsaturi) unita a un fruttato dolce. La qualità dell’olio è influenzata anche dallo stato sanitario dei frutti, dalle modalità di raccolta, di trasporto al frantoio e dalla molitura. L’olio d’oliva possiede qualità organolettiche e nutritive che gli permettono di avere un mercato ad un prezzo elevato, tenuto conto dei costi di produzione, rispetto alla maggior parte degli altri grassi vegetali. Vista questa situazione di mercato, sono state stabilite nuove norme di commercializzazione, contenenti in particolare norme specifiche in materia di etichettatura, complementari a quelle previste per i prodotti alimentari.

Caratteristiche

L’oliva è un frutto ricco d’acqua (circa il 50 per cento del suo peso) e l’estrazione dell’olio può avvenire con mezzi puramente naturali. ” sufficiente ridurre le olive ad una pasta con un’operazione di molitura e poi sottoporla a spremitura o a centrifugazione per ottenere la separazione dell’acqua e dell’olio dalle parti solide del frutto. Successivamente, poiché l’acqua e l’olio non sono miscibili, è facile separarli per centrifugazione. Gli oli vengono definiti “vergini” quando sono ottenuti dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici, che non causano alterazioni del prodotto, e che non hanno subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. In base alle normative vigenti (Reg. CE n. 2568/91) gli oli vergini vengono classificati in relazione a determinate caratteristiche chimiche, prima fra tutte l’acidità libera (espressa in grammi di acido oleico per 100 grammi di olio).

Gli oli di oliva vergini sono quelli commestibili per eccellenza e sono l’”olio extra vergine di oliva” e l’”olio di oliva vergine “, così definiti in base alla loro acidità ed in particolare il primo deve avere un’acidità massima dello 0,8 per cento ed il secondo del 2 per cento. Tutti gli oli con un’acidità superiore al 2 per cento non sono commestibili e vengono denominati “olio di oliva vergine lampante”. Tali oli possono essere raffinati ed utilizzati nella preparazione del cosiddetto “olio d’oliva”; quest’ultimo, infatti, viene ottenuto dalla miscelazione dell’olio di oliva vergine con olio d’oliva raffinato fermo restando l’ obbligo di esprimere un tenore di acidità libera inferiore all’1 per cento.

Durante il processo di molitura si forma la sansa composta dai residui del frutto dell’ulivo e dai frammenti del nocciolo, da cui si ricava nei sansifici l’”olio di sansa greggio” mediante il trattamento con solventi (sostanze chimiche). L’olio di sansa greggio e l’olio di sansa raffinato non sono commestibili a meno che quest’ultimo non venga mescolato con olio di oliva vergine ottenendo un olio con un tenore di acidità libera inferiore all’1 per cento (“olio di sansa di oliva”). Esso risulta commestibile ma ha una composizione e proprietà completamente differenti, ed è un olio di minor pregio e costo.

Commercializzazione

Gli oli d’oliva commestibili, destinati al consumatore, in base a quanto stabilito dal Reg. CE 1019/2002, devono essere messi in vendita esclusivamente preconfezionati in recipienti, della capacità massima di 5 litri provvisti di un sistema di chiusura che perda la sua integrità dopo la prima utilizzazione, anche se acquistati direttamente dal frantoio o presso la sede privata del piccolo produttore locale.

Gli oli destinati alla preparazione dei pasti nei ristoranti, ospedali, mense o altre collettività simili possono essere preconfezionati in recipienti di capacità massima non superiore a venticinque litri e non sono soggetti a sistemi di chiusura di garanzia.

L’etichettatura

Le indicazioni da riportare in etichetta sono previste sia dalla normativa generale in materia di etichettatura (D.Lgs. 109/92) presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, emanato in attuazione dell’apposita direttiva comunitaria, sia da normative comunitarie che nazionali specifiche di settore.

Il consumatore deve essere informato e venire a conoscenza di alcune informazioni simultaneamente; infatti, tre delle indicazioni obbligatorie (denominazione del prodotto, quantità e termine minimo di conservazione) debbono apparire nello stesso campo visivo.

Sull’etichetta devono essere presenti altre formazioni facoltative delle lavorazioni “a freddo”, delle indicazioni relative all’acidità e di quelle concernenti le caratteristiche organolettiche. L’indicazione dell’origine geografica “Olio Italiano” potrà essere riportata solo nel caso in cui l’olio vergine, o extra vergine sia stato ottenuto in Italia da olive italiane. Nel caso di miscele, si potrà indicare l’origine della quota prevalente dell’olio a condizione che la stessa sia almeno pari al 75 per cento.

L’etichettatura nutrizionale per gli oli di oliva comporta l’elencazione, nell’ordine, delle indicazioni relative al valore energetico e alla quantità di proteine, di carboidrati e di grassi e che è obbligatorio far riferimento alla quantità di acidi grassi saturi, quando si indica la quantità di una delle seguenti sostanze: acidi grassi polinsaturi, acidi grassi monoinsaturi e colesterolo. Tali norme si sono rivelate insufficienti ad evitare che i consumatori siano indotti in errore sulle reali caratteristiche e l’origine di taluni prodotti; quindi, a partire dal 1° luglio 2009 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 182/2009, che ha introdotto nuove norme di commercializzazione dell’olio di oliva. Le modalità applicative di questo regolamento sono state recepite dal Decreto del Mipaaf (Ministero Politiche Agricole, Ambientali e Forestali) del 10 novembre 2009. In linea con le norme di tracciabilità della legislazione alimentare europea, è stata introdotta l’etichettatura di origine obbligatoria, a tutela sia del consumatore che ha il diritto di sapere che cosa sta comprando sia dei produttori che devono essere in grado di impiegare metodi di produzione di qualità e, facendoli conoscere opportunamente, di utilizzarli come strumenti di marketing. Nella Comunità Europea, una parte significativa degli oli di oliva vergini ed extra vergini è costituita da miscele di oli originari di vari Stati membri e paesi terzi, con il presente regolamento è diventata obbligatoria l’indicazione dell’origine sull’etichetta delle suddette miscele. Tali disposizioni consentiranno di abolire le norme precedenti relative all’indicazione in etichetta dell’”origine predominante”, che risultavano complesse da applicare, difficili da controllare e potenzialmente fuorvianti.

Miscele europee

Nel caso di miscele di oli di oliva ottenuti da oli provenienti da Stati membri o paesi terzi, in etichetta dovrà essere apposta una delle seguenti diciture: “miscela di oli di oliva comunitari” oppure un riferimento allo Stato d’origine comunitario; “miscela di oli di oliva non comunitari” oppure un riferimento al Paese d’origine non comunitario; “miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari”oppure un riferimento allo Stato d’origine comunitario e non comunitario.

Il consumatore leggendo con attenzione l’etichetta presente sulla confezione di olio sa esattamente cosa sta comprando ed ha la possibilità di distinguere il prodotto italiano dagli oli di oliva provenienti da altri Paesi comunitari e non comunitari.

Le indicazioni in etichetta

Voci obbligatorie

1.Denominazione di vendita

2.Indicazione “Olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” (per l’olio extravergine);

“Olio di oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”(per l’olio di oliva vergine).

3.Riferimenti al responsabile commerciale (nome e/o marchio, indirizzo).

4.Sede dello stabilimento di confezionamento con codice alfanumerico identificativo della provincia.

5.Indicazione dell’origine, secondo quanto stabilito dal Reg. Ce 182/09.

6.Quantità.

7.Termine minimo di conservazione indicato almeno con mese/anno.

8.Lotto (facoltativo se il termine minimo di conservazione è riportato con l’indicazione del gg/mm/aaaa).

9.Modalità di conservazione (es. Conservare al riparo dalla luce)

Voci facoltative

1.Indicazioni relative al metodo estrattivo quali “prima spremitura a freddo” oppure “estratto a freddo”, secondo quanto stabilito dal Reg. CE 1019/02.

2.Indicazioni relative alla caratteristiche organolettiche.

3.Indicazioni relative all’acidità massima, ma solo se accompagnate dalle indicazioni (riportate in caratteri della stessa grandezza) relative all’indice dei perossidi, del tenore di cere e dell’assorbimento ultravioletto.

4.Indicazioni relative agli abbinamenti gastronomici del prodotto.

5.Ulteriori indicazioni in riferimento all’azienda produttrice (es. certificazioni, riconoscimenti, ecc.).

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