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Controlli semplificati sugli impianti termici. Nuova tempistica per le verifiche

Verifiche periodiche attrezzatureCambia il calendario dei controlli sugli impianti termici. Il Dpr 74/2013 – in vigore dallo scorso 12 luglio – e diluisce scadenze, adempimenti e doveri. Con effetti positivi sia per i privati, che devono effettuare le revisioni, sia per gli enti pubblici, incaricati di sovrintendere al rispetto della legge. Tuttavia, il principio alla base del nuovo regolamento, che abroga parzialmente il Dpr 412/1993 e riscrive le modalità di verifica e manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la produzione di acqua calda, va nella direzione opposta. Così come richiesto dalle direttiva europea 2002/91/Ce e 2010/31/Ue (a cui alla fine il nostro Paese si adegua, sanando una procedura di infrazione), se da una parte c'è una maggiore semplificazione, dall'altra il nuovo testo definisce un quadro più chiaro dei compiti e disegna un meccanismo di verifica virtuoso, mirato a individuare e punire chi non rispetta le regole. Dunque prima di procedere all'accensione degli impianti è opportuno verificare cosa è cambiato. Il decreto, innanzitutto, fissa per gli ambienti limiti di temperatura (calcolati sulla media ponderata dei valori). D'inverno i termosifoni non dovranno superare i 20° C per le abitazioni e i 18° C per gli immobili industriali e artigianali, con un massimo di due gradi in più di tolleranza. Nei mesi estivi (e questa è una novità introdotta dal Dpr 74/2013), il termostato non potrà invece andare al di sotto dei 26° C, anche in questo caso con due gradi di tolleranza. Restano invariate le fasce orarie giornaliere entro cui sarà possibile accendere i termosifoni nei mesi freddi. Il calendario termico varia a seconda della zona di residenza: i Comuni sono suddivisi in sei zone climatiche, dalla A alla F, in base alle temperature medie registrate in ciascuna località durante l'anno. A fronte di esigenze particolari e comprovate, sarà comunque lasciata libertà di deroga ai Comuni. Numerose inoltre le deroghe alla suddivisione in fasce orarie: ad esempio, anche per chi ha già installato in casa la termoregolazione. Il decreto 74 disegna una nuova tabella delle periodicità. Il termine per gli impianti domestici, a combustibile liquido o solido e con una potenza compresa tra i 10 kW (12 per i climatizzatori estivi) e i 100 kW, è fissato ogni due anni, mentre prima era annuale. Così anche per le caldaie alimentate a gas (le più diffuse), la revisione deve avvenire ogni quattro anni. Novità anche per le ispezioni, a carico dell'amministrazione pubblica, per verificare il corretto funzionamento del sistema rispetto all'efficienza e al contenimento dei consumi. Per gli impianti a metano o gpl tra i 10 e i 100 Kw e per quelli di raffrescamento tra 12 e 100 Kw non è infatti più necessario l'intervento dell'ente pubblico, ma sono sufficienti i rapporti redatti dal manutentore o dal terzo responsabile. Tutto questo, però, non implica una generale deroga agli obblighi normativi. Se diminuiscono le verifiche sul campo, la soglia di attenzione non si abbassa. Anzi, il Dpr stabilisce, per gli impianti termici sotto i 100 kW, l'obbligo (in carico al tecnico che effettua la verifica) di compilare il rapporto di controllo di efficienza energetica, che deve essere inviato «prioritariamente in via informatica» alle autorità competenti. Il documento certifica il funzionamento dell'impianto e consente la creazione di una sorta di «catasto» degli impianti. Le verifiche dell'ente pubblico scatteranno così in maniera più mirata, soprattutto verso quegli impianti che saranno sprovvisti di rapporto di controllo o per cui siano emerse criticità. Gli impianti sono inoltre da controllare periodicamente (anche qui a carico di chi ha la responsabilità dell'impianto) sotto l'aspetto del contenimento del consumo energetico e del buon funzionamento. Il compito può essere espletato solo da ditte abilitate. La periodicità e il tipo di verifiche da effettuare sono stabilite dai libretti di istruzione forniti dal l'impresa installatrice o dal fabbricante dei componenti o dalle norme Uni e Cei. Gli impianti per la climatizzazione o per la produzione di acqua calda sanitaria devono, inoltre, essere muniti di libretto di impianto, che deve essere sempre aggiornato e consegnato in caso di trasferimento del l'immobile. Se a livello nazionale la normativa è ridisegnata, in molte Regioni si opera sulla base di leggi regionali, che, in alcuni casi, hanno già recepito la direttiva 2002/91/Ce. Il decreto invita le Autonomie a uniformarsi, ma nelle more dell'adeguamento bisogna tenere conto anche della disciplina vigente a livello locale.

AdA

Fonte: Il Sole 24 Ore n. 261 (di S.R. e M.C.V.)

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Sicurezza, solo il controllo salva il datore di lavoro

 

CASSAZIONEIl datore di lavoro non è in colpa in caso di infortunio dei dipendenti, a patto che abbia controllato meticolosamente l'osservanza delle misure di sicurezza da parte loro. A precisarlo è la Cassazione con la sentenza 34747, depositata lo scorso 11 settembre.
In seguito alla morte di un dipendente che, durante l'attività di preparazione delle luminarie in occasione di una festa religiosa, rimaneva folgorato, il Tribunale penale condannava i soci amministratori per il reato di omicidio colposo, poiché gli stessi erano stati imprudenti, imperiti e negligenti nell'osservanza delle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro, nonché per la mancata adozione di precauzioni idonee a scongiurare il verificarsi di eventi pericolosi. Infatti, ha precisato il giudice del merito, il lavoratore, durante la fase di verifica del corretto funzionamento dell'impianto, avrebbe dovuto utilizzare un tester anziché un cicalino, strumento risultato assolutamente inadeguato per la sicurezza dell'elettricista.
In seguito, la pronuncia è stata confermata in grado di appello: secondo la Corte, il decesso dell'operaio si sarebbe potuto agevolmente evitare se il lavoratore fosse stato munito di guanti isolanti, non avesse utilizzato strumenti artigianali per testare le lampadine, non avesse lavorato su un impianto sotto tensione e, infine, se fossero stati predisposti i normali dispositivi di sicurezza atti a interrompere l'erogazione di corrente elettrica in caso di dispersione.
La causa è poi arrivata alla Cassazione, che ha rigettato il ricorso del datore di lavoro e ha ritenuto fondato il ragionamento del giudice d'appello, poiché i conduttori dell'impianto erano sprovvisti di rivestimento isolante adeguato sia alla tensione sia alle condizioni ambientali. Non solo, ma il lavoratore era sprovvisto, tra l'altro, dei guanti isolanti che avrebbero, con ragionevole certezza, impedito la folgorazione pur in caso di contatto delle mani con la corrente elettrica. In altri termini, le prescrizioni poste a tutela del lavoratore sono intese a garantire la sua incolumità anche nell'ipotesi in cui – per stanchezza, imprudenza, inosservanza di istruzioni, malore o altro – egli si sia venuto a trovare in situazione di particolare pericolo.

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Fonte: Il Sole 24 Ore

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