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Regolamento GDPR. Aggiornato il software per la valutazione di impatto

Regolamento GDPR. Aggiornato il software per la valutazione di impatto

Disponibile sul sito del Garante Privacy l'aggiornamento, alla versione 1.6.3 con nuove funzionalità, del software per la valutazione di impatto sulla protezione dei dati.

Il software offre un percorso guidato alla realizzazione della DPIA, secondo una sequenza conforme alle indicazioni fornite dal WP29 nelle Linee-guida sulla DPIA.

Il software qui presentato non costituisce un modello al quale fare riferimento in ogni situazione di trattamento, essendo stato concepito soprattutto come ausilio metodologico per le PMI. Offre in ogni caso un focus sugli elementi principali di cui si compone la procedura di valutazione d'impatto sulla protezione dei dati. Potrebbe costituire quindi un utile supporto di orientamento allo svolgimento di una DPIA, ma non va inteso come schema predefinito per ogni valutazione d'impatto che va integrata in ragione delle tipologie di trattamento esaminate.

È inoltre bene ricordare che la valutazione d'impatto sulla protezione dei dati deve tenere conto del rischio complessivo che il trattamento previsto può comportare per i diritti e le libertà degli interessati, alla luce dello specifico contesto. Pertanto, il concetto di rischio non si esaurisce nella considerazione delle possibili violazioni o minacce della sicurezza dei dati.

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Scarica la nuova versione del software

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Privacy. L’Autority «consiglia» il responsabile dati

Privacy. L’Autority «consiglia» il responsabile dati

La nomina di un Dpo (data protection officer, in italiano Rpd, responsabile per la protezione dei dati), che secondo il regolamento europeo non è obbligatoria per tutti, è «raccomandata» dal Garante a tutti i titolari «anche alla luce del principio di accountability che permea il regolamento».

Questa una delle indicazioni fornite dal Garante della privacy nelle Faq, pubblicate sul suo sito, relative al comparto privato in vista dell’entrata in vigore del Regolamento (Gdpr) il 25 maggio 2018.

Si ripete, dunque, quello che già era accaduto con la tenuta del «Registro delle attività di trattamento», disciplinato dall’articolo 30 del Gdpr. Una misura prescritta per soggetti o trattamenti di rilevante importanza diventa consigliata alla generalità dei titolari e individuata come modalità favorita per dimostrare il rispetto dei requisiti del Gdpr (in caso di controversie, ispezioni, procedimento davanti al Garante).

Il motivo è facile da intuire: il regolamento è una norma nuova che, almeno rispetto alla legislazione italiana, muta la struttura del sistema privacy. Fino al 25 maggio, i titolari devono dimostrare di avere messo in atto misure minime per la tutela dei dati trattati; dal 25 maggio in poi le misure che permetteranno di dimostrare la compliance con il regolamento devono essere sufficienti (il principio di accountability, appunto).

La sufficienza delle misure andrà misurata ex ante. Il titolare dovrà provare di aver adottato misure tali da rendere i dati e i trattamenti sicuri e legittimi. Il registro in cui annotare trattamenti e regole può certamente costituire una prima prova di ciò; e così un Dpo validamente scelto (garanzia di competenza e professionalità) e dotato delle necessarie strutture e risorse (personale, locali, attrezzature).

Di certo la sua nomina dovrà essere un processo sostanziale e non un obolo formale alle prescrizioni del Gdpr. Quindi, non solo il Dpo designato dovrà possedere i requisiti di «conoscenza specialistica della normativa e delle prassi in materia di protezione dei dati» previsti dall’articolo 37 del regolamento, ma dovrà anche interagire con le funzioni aziendali per assicurare il rispetto della normativa, la gestione delle criticità e, in aggiunta, «fungere da punto di contatto per l’autorità di controllo per questioni connesse al trattamento» (articolo 39).

Questa inedita figura a metà tra la consulenza e la garanzia è stata individuata fin da subito come una delle novità più evidenti introdotte dal Regolamento. Il Dpo può essere sia un consulente che un dipendente, ma anche in quest’ultimo caso deve agire in piena indipendenza e autonomia, senza ricevere istruzioni e riferendo direttamente ai vertici aziendali.

Non ci sono incompatibilità con altri incarichi, ma il Garante evidenzia la necessaria assenza di un «conflitto di interesse» in capo al Dpo. Ciò può creare qualche problema all’interno delle aziende, che in molti casi potrebbero essere portate a nominare responsabile un dipendente che si sta già occupando attivamente di privacy.

Invece, dice il Garante, è sconsigliabile nominare Dpo chi opera all’interno di strutture che hanno potere decisionale in ordine alle finalità e alle modalità del trattamento dei dati, e quindi (se ne deduce) anche chi ha costruito e gestisce in prima persona il sistema e i documenti privacy di una società. Queste risorse dovranno essere, semmai, il punto di contatto con il Dpo. La scelta della persona da nominare non va quindi sottovalutata. Il responsabile è una professione creata ex novo dal Regolamento; potrebbe diventare uno dei cardini su cui ruota l’intero sistema privacy.

fonte Sole24Ore 85/18 AB

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Responsabile della protezione dei dati personali: pubblicata la norma UNI 11697:2017

Responsabile della protezione dei dati personali: pubblicata la norma UNI 11697:2017

L’UNI, Ente Italiano di Normazione, ha pubblicato la norma UNI 11697:2017 che definisce i profili professionali relativi al trattamento e alla protezione dei dati personali coerentemente con le definizioni fornite dall’EQF e utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla UNI 11621-1 “Attività professionali non regolamentate - Profili professionali per l'ICT - Parte 1: Metodologia per la costruzione di profili professionali basati sul sistema e-CF".

Questa norma era attesa da molte aziende, che alla data del 25 maggio 2018 saranno obbligate a designare un responsabile della protezione dei dati personali. I profili professionali che vengono presi in considerazione in questa norma sono due primari e due di supporto.

I due profili primari fanno riferimento al responsabile del trattamento, accuratamente descritto nell’articolo 28 del regolamento generale sulla protezione dei dati 679/2016 e al profilo del responsabile della protezione dei dati, altrettanto accuratamente descritto nella sezione 4 dello stesso regolamento, dall’articolo 37 all’articolo 39. I due profili di supporto sono stati chiamati dalla norma con il nome di specialista privacy e di valutatore privacy.

Anche se il responsabile il trattamento è un profilo professionale già noto, perché già presente nel decreto legislativo 196/2003, l’impostazione completamente differente che è stata data dal regolamento, rispetto al decreto legislativo, ha fatto sì che fosse indispensabile creare, in questa norma, una specifica descrizione delle responsabilità e dei compiti di questo soggetto.

La norma è stata sviluppata secondo lo schema europeo chiamato EQF-European Qualification framework, che rappresenta la linea guida per sviluppare norme applicabili ad attività professionali non regolamentate e non ordinistiche.

AdA

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