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Contabilizzazione del calore, pubblicata la nuova norma UNI 10200:2018

Contabilizzazione del calore, pubblicata la nuova norma UNI 10200:2018

L’UNI, Ente Italiano di Normazione, ha pubblicato l’11 ottobre scorso la nuova norma UNI 10200:2018, che sostituisce la versione del 2015, sulla contabilizzazione del calore negli impianti di climatizzazione ed acqua calda.

La nuova norma è stata elaborata dalla Commissione Tecnica 271 “Contabilizzazione del calore” con l’obiettivo di consentire la suddivisione delle spese derivanti dall’obbligo dell’installazione dei sistemi di contabilizzazione così come definito dal dlgs 102/2014, successivamente integrato dal dlgs 141/2016 e dal dl 244/2016.

La norma stabilisce i criteri di ripartizione delle spese di climatizzazione invernale (riscaldamento), climatizzazione estiva (raffrescamento) ed acqua calda sanitaria (ACS) in edifici dotati di impianto centralizzato, provvisti o meno di dispositivi per la contabilizzazione (diretta o indiretta) dell’energia termica utile, distinguendo i consumi volontari delle singole unità immobiliari da tutti gli altri consumi.

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Riscaldamento e contabilizzatori, in vista la proroga a fine settembre

Contabilizzatori-di-caloreIl contesto normativo della contabilizzazione dei consumi per riscaldamento, raffrescamento ed acqua calda sanitaria pare destinato a non avere una connotazione definitiva e stabile. Un riassunto delle ultime novità e dei cambiamenti in atto a complessa situazione pare molto utile, visti i tanti cambiamenti che si sono succeduti.

La scadenza, inizialmente fissata al 31 dicembre 2016 è stata posticipata al 30 giugno 2017 con l’immancabile decreto «milleproroghe». Tuttavia, iniziano a circolare notizie di una possibile ulteriore proroga a fine settembre, per sfruttare integralmente il periodo di inattività degli impianti di riscaldamento.

Di maggiore concretezza sono le possibili modifiche sulla norma UNI 10200, indicata dal legislatore come strumento per la corretta suddivisione delle spese energetiche nei condomìni e negli «edifici polifunzionali» che abbiano installato un sistema di contabilizzazione. La norma UNI 10200 venne inizialmente individuata come unica regola generale, salvo poi essere resa derogabile qualora non applicabile (come nel caso del raffrescamento), o laddove fossero comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro, tra le unità immobiliari, superiori al 50%. In questi casi è infatti attualmente possibile attribuire una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari e il resto in base ai vecchi millesimi di riscaldamento o ad altre metodologie.

Ora l’ennesima nuova versione della stessa norma è in procinto di essere pubblicata. Con importanti novità. La prima è una metodologia più precisa per la ripartizione delle spese negli edifici scarsamente occupati (come ad esempio le seconde case). Per il consumo involontario (la cosiddetta “quota fissa”) viene infatti proposto un incremento linearmente proporzionale al mancato utilizzo dei fabbricati. L’altra (grande) novità è l’introduzione di un’appendice informativa contenente una possibile metodologia per il calcolo (non obbligatoria ma utile per incentivare la riqualificazione energetica) dei coefficienti compensativi.

La proposta italiana prevede di ripartire tra tutti i condomini i consumi energetici generati dalla scarsa coibentazione delle parti comuni (quali ad esempio l’ultimo solaio disperdente). Con la metodologia della vigente norma UNI 10200 queste dispersioni di energia sono invece totalmente a carico degli inquilini i cui alloggi sono delimitati da tali superfici. La compensazione si annullerebbe solo dopo aver attuato un processo di riqualificazione energetica dell’immobile, con adeguamento dell’isolamento ai severi limiti normativi vigenti.

Il tutto genererebbe un evidente vantaggio: la riqualificazione energetica (anche parziale) dell’immobile ridurrebbe sensibilmente i consumi condominiali. La logica sarebbe quindi quella di rimuovere il potere di veto delle assemblee condominiali, poco propense a finanziare interventi apparentemente a vantaggio di pochi “eletti”. L’intento, coerente con la stessa direttiva europea 2012/27, che prevede che gli Stati membri si attivino per rimuovere qualsiasi barriera alla riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, non pare tuttavia sufficiente in Italia. È infatti necessaria anche una modifica al testo legislativo nazionale, al fine di rendere possibile e legale l’applicazione di un algoritmo di compensazione decisamente difforme da quanto previsto come principio basilare dal legislatore italiano.

AdA

fonte Sole24Ore 135/17 LR

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