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Art Bonus: applicabile anche per interventi di manutenzione e restauro di beni culturali pubblici

Art Bonus: applicabile anche per interventi di manutenzione e restauro di beni culturali pubblici

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 81/2018 ad un interpello, chiarisce che l’Art Bonus (introdotto dalla legge n. 106/2014) prevede un credito d’imposta del 65% delle erogazioni effettuate in denaro da soggetti titolari di reddito d’impresa, persone fisiche ed enti non commerciali e anche per interventi su beni culturali pubblici.

Le Entrate chiariscono che l’art. 1 del dl n. 83/2014 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2014 e s.m.i., al comma 1, prevede un credito d’imposta (chiamato art-bonus) per:

  • gli interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici
  • il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione
  • la realizzazione di nuove strutture ed il restauro e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo

Il secondo periodo del comma 2 del medesimo art.1 stabilisce che il credito d’imposta è altresì riconosciuto “…qualora le erogazioni liberali in denaro effettuate per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici siano destinate ai soggetti concessionari o affidatari dei beni oggetto di tali interventi.”

In base al successivo comma 5, inoltre, i soggetti beneficiari comunicano mensilmente al Ministero l’ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel mese di riferimento.

AdA

Scarica la risposta n. 81/2018

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Con l’art bonus cresce il mecenatismo

art bonusL’invito agli imprenditori ad adottare un monumento, lanciato da Franceschini dal palco dell’assemblea di Confindustria, in parte è stato già declinato attraverso l’art bonus. Lo sconto fiscale del 65% per chi versa un contributo a favore della cultura - agevolazione nata nel 2014 in via sperimentale per un triennio e resa strutturale dall’ultima legge di Stabilità - ha già radunato un buon gruppo di mecenati.

A gennaio scorso se ne contavano oltre 2mila, tra privati cittadini e imprese, che hanno messo a disposizione complessivamente 62 milioni di euro, con i quali sono stati finanziati 500 interventi di manutenzione o restauro. Numeri destinati a crescere, se si pensa che da ottobre 2015 a gennaio c’è stato un raddoppio: lo scorso autunno, infatti, erano quasi 800 i mecenati e 34 i milioni raccolti.

L’appello a una maggiore collaborazione pubblico-privato ha trovato anche altre forme. Per esempio, la semplificazione delle sponsorizzazioni. Come ha ricordato sempre Franceschini, con il nuovo codice degli appalti si è abbandonato il meccanismo della gara pubblica per abbracciare quello più veloce - per importi superiori a 40mila euro - della pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante dell’avviso con il quale si comunica la ricerca di sponsor. Trascorsi 30 giorni, il contratto di sponsorizzazione può essere negoziato dalla stazione appaltante con quanti hanno risposto all’avviso.

Il primo versante che, però, ha messo in campo il gioco di squadra tra pubblico e privato è stato quello dei servizi aggiuntivi. Ormai da anni le caffetterie, i ristoranti, le librerie, le biglietterie e i servizi di accoglienza di diversi luoghi d’arte sono gestiti da privati. Un giro d’affari che, al lordo delle royalties da pagare alle soprintendenze, è di oltre 40 milioni di euro, ai quali aggiungere l’aggio a cui il concessionario privato ha diritto nelle realtà dove si occupa anche della biglietteria. E gli incassi lordi complessivi derivanti dai biglietti si aggirano sui 140 milioni l’anno. In questo caso, però, la sinergia pubblico-privato mostra qualche problema. Le gare per il rinnovo delle concessioni tardano ad arrivare e il potenziamento di Ales - la società in house dei Beni culturali che di recente ha inglobato Arcus, altra struttura interna al ministero - lascerebbe spazio a un maggiore impegno del pubblico nella gestione dei servizi aggiuntivi.

Questo non significa che il ruolo dei privati venga annullato. Anche perché gli ultimi dati registrano una crescita dei visitatori dei musei - a fine 2015 hanno sfiorato quota 43 milioni e nel primo quadrimestre di quest’anno c’è stato un aumento di un milione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso - e la riforma dei musei, con la trasformazione di venti di essi in strutture autonome, amplia le possibilità di intervento.

AdA

fonte Sole24Ore 144/16 AChe

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