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Indicazione d’origine. In Gazzetta l’obbligo per l’etichetta del sugo di pomodoro

Indicazione d’origine. In Gazzetta l’obbligo per l’etichetta del sugo di pomodoro

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Dopo la pasta, il riso e il latte, ora arriva anche l’etichetta d’origine per la salsa di pomodoro. È stato infatti pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.47 del 26-02-2018) il decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro: come conserve, salse, sughi e concentrati. La nuova etichetta, che da oggi viene introdotta in via sperimentale per due anni - nel solco della norma già in vigore per i prodotti lattiero caseari e per la pasta - servirà a tutelare oltre 5 miliardi di chili di pomodoro italiano: secondo la Coldiretti nel nostro Paese questa coltivazione occupa circa 72mila ettari e dà lavoro a 8mila imprenditori agricoli e a 120 industrie di trasformazione, dove sono occupate 10mila persone.

Le nuove etichette dovranno indicare sia il Paese di coltivazione sia quello di trasformazione del pomodoro; sono ammesse anche le diciture generiche Ue e Non-Ue. Ad oggi, ricorda sempre la Coldiretti, dai Paesi stranieri arrivano circa 170 milioni di chili di derivati di pomodoro. Oltre un terzo proviene dagli Stati Uniti, mentre solo un quinto arriva dalla Cina.

La prima etichetta d’origine dei pomodori è arrivata nei supermercati nel 2008 ma riguardava solo la passata di pomodoro. Ora, con l’obbligo che si estende a tutti i suoi derivati, solo il 25% dei prodotti alimentari venduti in Italia resta privo di indicazioni d’origine. In pratica un prodotto ogni quattro: tra questi i salumi, le marmellate, i sottoli, i succhi di frutta, il pane e anche il latte in polvere per bambini. L’etichetta sull’origine è invece obbligatoria in Italia per riso e pasta dal 13 febbraio scorso, per i latte e i suoi derivati dall’aprile del 2017 e per il pollo dal 2005. Più in generale, a livello europeo gli obblighi sono scattati nel 2003 per la provenienza dell'ortofrutta fresca e nel 2004 per le uova e per il miele.

Dell’ultimo decreto è soddisfatto Maurizio Gardini, presidente di Conserve Italia e di Confcooperative, che però si dice disposto ad andare anche oltre: «Siamo favorevoli a obbligare le imprese a indicare la provenienza della materia prima anche nei casi in cui la componente pomodoro incida per una percentuale inferiore al 50%». Mentre per Antonio Ferraioli, presidente di Anicav, l'associazione che rappresenta l'industria di trasformazione, «sarà necessaria un’omogeneizzazione tra la regolamentazione nazionale e quella comunitaria per evitare che la norma abbia un'efficacia limitata soltanto al territorio italiano». L’Italia, infatti, rappresenta il 14% di tutta la produzione mondiale e il 47% del trasformato Ue, e nel 2017 l’export ha raggiunto 1,6 miliardi di euro.

«Con i suoi 3,2 miliardi di euro di giro d’affari - ricorda il presidente di Alleanza delle cooperative agroalimentari, Giorgio Mercuri - la filiera del pomodoro è una delle più importanti industrie del Paese, sia per volumi produttivi che per fatturato». Mentre per Pietro Minelli, presidente di Agri, «l’Italia ormai è apripista della trasparenza nella produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroalimentari».

fonte Sole24Ore 58/18 MC

Scarica il decreto 16 novembre 2017