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Pronti per le Onlus gli sconti su bollo, registro e donazioni

Pronti per le Onlus gli sconti su bollo, registro e donazioni

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Le Onlus, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale saranno considerate già enti del terzo settore e ad esse si applicheranno fin dal 1° gennaio 2018 alcune norme agevolative previste dal Codice del terzo settore (Dlgs 117/2017).

Le norme subito applicabili riguardano:

  • il risparmio fiscale dei donatori per le donazioni (in denaro o in natura), con la detrazione Irpef che aumenta dal 26 al 30% e al 35% se il beneficiario è un’organizzazione di volontariato, per un importo massimo erogato di 30mila euro per periodo d’imposta; oppure, in alternativa, la deduzione Irpef o Ires nei limiti del 10% dell’imponibile del donante;
  • l’applicazione in somma fissa delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nell’acquisto a titolo oneroso di beni immobili;
  • l’esenzione generalizzata dall’imposta di bollo;
  • l’estensione dell’esenzione dall’imposta sulle donazioni e successioni per i trasferimenti a titolo gratuito a favore degli enti del terzo settore.

Serve invece un provvedimento attuativo, atteso a breve, per il cosiddetto social bonus, cioè per le erogazioni finalizzate al recupero di beni immobili inutilizzati o confiscati alla criminalità organizzata assegnati da enti pubblici agli enti del terzo settore. Inoltre è previsto che subito dopo l’emanazione di altri due decreti ministeriali siano attivati gli strumenti dei titoli di solidarietà (obbligazioni dedicate al terzo settore) e del social lending.

Sull’Imu sono confermati gli ambiti oggettivi per i quali opera l’esenzione: attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto.

Per le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale saranno esenti dall’Ires i redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale.
In merito alla nuova distinzione tra attività commerciali e non commerciali, essa entrerà in vigore si presume nel 2019, sempre che nel corso del 2018 si verifichino le due condizioni previste dalla legge. La prima consiste nell’approvazione da parte della Commissione europea delle misure fiscali relative appunto alla nuova definizione di attività commerciale, in modo che le misure non siano considerate aiuti di Stato. La seconda è che il Registro unico nazionale degli enti del terzo settore sia operativo.
Come cambierà la commercialità

Per capire come cambierà il concetto di commercialità rilevano due questioni. La prima è la commercialità della singola attività. Per l’attività della onlus che ha posto il quesito (assistenza socio-sanitaria), l’attività sarà non commerciale qualora la somma delle rette richieste agli assistiti o ai loro familiari più le contribuzioni di natura pubblica sia minore della somma dei costi effettivi, includendovi in essi quelli diretti e quelli indiretti legati alla specifica attività. Non devono essere considerati tra i contributi di natura pubblica gli importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento (ad esempio i ticket sanitari).
In relazione alla commercialità dell’ente nel suo insieme, al posto dell’attuale articolo 149 del Tuir, si considera commerciale l’ente che risulti avere le entrate commerciali da attività di interesse generale sommate alle attività diverse, al netto delle sponsorizzazioni, maggiori della somma delle attività non commerciali, delle liberalità, delle quote associative, delle raccolte pubbliche di fondi e del valore normale delle cessioni e delle prestazioni gratuite offerte gratuitamente dall’ente.

Rispetto all’attuale situazione della normativa Onlus (che continuerà comunque ad applicarsi per tutto il 2018) il panorama e le prospettive cambiano notevolmente. Innanzitutto scompare la necessità di realizzare le attività prevalentemente a favore di persone svantaggiate, condizione propria delle Onlus che ha portato non pochi dubbi interpretativi sul concetto di svantaggio. Molte delle frizioni tra enti e direzioni regionali delle Entrate, infatti, scaturivano da una diversa concezione di svantaggio.

Per definire le attività degli enti del terzo settore non sarà quindi più necessario far riferimento ai soggetti svantaggiati, ma si dovrà di volta in volta comprendere se e in quale misura l’attività dell’ente sia compresa tra una delle 26 attività di interesse generale riportate nell’articolo 5 del Codice. Per molte delle attività, il legislatore ha provveduto a inserire la normativa di settore rendendo – o almeno questo è l’auspicio – più certo l’ambito di applicabilità della norma. Inoltre, non rileva che le attività siano svolte con modalità commerciali oppure no, in quanto comunque l’organizzazione non perderebbe la qualifica di ente del terzo settore qualora realizzasse anche in via prevalente attività commerciali.

Inoltre ci si augura che avranno maggiore respiro le attività diverse (che verranno definite da apposito decreto), in considerazione del triste destino delle attività connesse della norma Onlus. Diciannove anni di legge Onlus, infatti, non hanno chiarito la vera natura di tali attività e agli enti veniva sconsigliato avventurarsi nelle tipologie di attività il cui svolgimento in via prevalente avrebbe fatto perdere la qualifica di Onlus.

Di contro, gli enti del terzo settore perdono – rispetto alle Onlus – la presunzione assoluta di non commercialità (in relazione all’Ires) delle attività istituzionali e la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile delle attività connesse. Infatti, gli enti del terzo settore saranno assoggettati all’Ires qualora l'attività sia definibile commerciale secondo i criteri precedentemente richiamati. La riforma comunque riporta la possibilità per gli Ets di optare per un regime di calcolo forfettario dell’imposta che prevede tre scaglioni di ricavi ai quali corrispondono tre coefficienti di redditività cui applicare l’aliquota unica Ires.

AdA

fonte Sole24Ore 153/17 CM