Un robusto sconto fiscale per cittadini e imprese che sostengono gli enti non profit intenzionati a recuperare immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità organizzata. È il “social bonus” che debutta a gennaio, introdotto dal Codice del terzo settore (Dlgs 117/2017, articolo 81), in attuazione della riforma avviata nel 2016, che, oltre ad aver previsto una serie di nuovi strumenti di finanziamento degli enti non profit, aveva tra i suoi obiettivi quello di incentivare il trasferimento di beni patrimoniali verso questi soggetti. Lo schema è quello dell’art-bonus, l’agevolazione fiscale esistente dal 2014 per favorire le donazioni al patrimonio culturale.
I privati che faranno donazioni a enti non profit finalizzate al recupero di immobili pubblici inutilizzati o confiscati alla criminalità avranno diritto a un credito d’imposta del 65% dell’importo donato, fino al 15% del reddito imponibile, da usare in compensazione in tre quote annuali. Se il donatore è una società o un ente, il credito d’imposta è del 50% dell’importo erogato (e per i titolari di reddito d’impresa, il tetto è fissato al cinque per mille dei ricavi annui). La relazione tecnica al Dlgs 117/2017 stima che il credito d’imposta valga 3,9 milioni di euro all’anno per le persone fisiche e 29,9 milioni per le altre tipologie di contribuenti: il costo per lo Stato sarebbe dunque di 33,8 milioni di euro all’anno.
Gli enti del terzo settore dovranno presentare un progetto di recupero dell’immobile al ministero del Lavoro: un decreto dello stesso Ministero deve stabilire le procedure per approvare i progetti.
La raccolta fondi dovrà essere programmata in maniera selettiva, tenendo presente che la fruizione del social bonus escluderà i donatori, per gli stessi importi, dall’uso delle altre agevolazioni fiscali, come le detrazioni e le deduzioni previste dall’articolo 83 del Codice del terzo settore o da altre disposizioni.
C’è un altro vincolo: gli immobili soggetti al social bonus dovranno essere impiegati dall’ente non profit esclusivamente per le proprie attività “istituzionali”, svolte con modalità non commerciali: sarà esclusa, ad esempio, la vendita di prodotti. Per il direttore del Forum del terzo settore Maurizio Mumolo, nell’attuazione del social bonus bisognerà tenere conto del rischio di una sperequazione nelle donazioni e quindi nei progetti finanziabili: «L’esperienza dell’art bonus - spiega- mette in evidenza che oltre il 90% dei donatori e quindi dei beneficiari delle agevolazioni fiscali si trova al Nord, e solo una minima percentuale al Sud. Stimolare i finanziamenti privati è utile - conclude - ma bisogna prestare attenzione al rischio di un forte divario territoriale».
Gli enti del terzo settore possono già ora cominciare a guardare alla platea disponibile di immobili inutilizzati. L’agenzia del Demanio stima un bacino potenziale di circa 950 immobili effettivamente utilizzabili per finalità sociali (su una platea di oltre 15mila cespiti gestiti). In tutto valgono 296 milioni di euro e occupano una superficie di 606mila metri quadrati. In base ai dati dell’art-bonus, il Governo stima che non più del 3% di questo patrimonio possa essere richiesto ogni anno, ma se si allarga lo sguardo a tutti i beni, compresi quelli già in mano a enti locali e Regioni, si ipotizza un pacchetto di richieste di circa 112 immobili all’anno. Sono tutti da assegnare con gara a eccezione della concessione agevolata prevista dal Dpr 296/2005 che consente di presentare la domanda direttamente al Demanio.
Il Codice del terzo settore ha ampliato il ventaglio degli strumenti di affidamento, prevedendo la concessione agevolata di immobili culturali (da restaurare) e il comodato gratuito, sempre ottenibile partecipando a una gara indetta dall’ente proprietario del bene (articolo 71). Ma il terzo settore può pescare anche nel più ampio bacino degli immobili sequestrati in via definitiva alla criminalità organizzata: un pacchetto di oltre 7mila immobili, cifra in continua evoluzione (con le nuove confische).
Con l’entrata in vigore del nuovo Codice antimafia (19 novembre scorso), il dialogo tra Agenzia ed enti del terzo settore per chiedere la concessione di un immobile è diventato diretto. Ma questo varrà solo per i beni ricevuti dall’Agenzia in confisca definitiva dal 19 novembre in poi. Per quelli già in gestione restano le vecchie procedure: l’Agenzia può assegnare l’immobile solo a un ente pubblico (ad esempio il Comune, e sarà quest’ultimo, eventualmente, a concederlo al terzo settore). A decidere sarà l’Agenzia, ma sulla scorta di nuovi criteri. E se è vero che nelle priorità indicate dalla legge il terzo settore viene solo dopo le esigenze statali per finalità varie, tra cui giustizia, ordine pubblico e università, l’eventuale utilizzo economico da parte dello Stato e le richieste degli enti locali, è anche vero che nel 2016 ben il 64% degli immobili assegnati all’Agenzia è andato agli enti locali per finalità sociali.
AdA
fonte Sole24Ore 321/17 VM e VU