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News - Ambiente & Energia

News - Ambiente & Energia (409)

Rinnovabili: dal 2018 obbligo di coprire il 50% dei consumi per edifici nuovi o ristrutturati

Rinnovabili: dal 2018 obbligo di coprire il 50% dei consumi per edifici nuovi o ristrutturati

Scatta da quest’anno l’obbligo di coprire con rinnovabili il 50% dei consumi degli edifici nuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti; lo prevede, dopo le proroghe degli scorsi anni, il Decreto Rinnovabili (Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28).

Gli impianti di produzione di energia termica degli edifici realizzati o ristrutturati in base a titoli abilitativi presentati dal 1° gennaio 2018 devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura, tramite il ricorso ad energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili, del 50% dei consumi previsti per l'acqua calda sanitaria e del 50% della somma dei consumi previsti per l'acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento.

Gli obblighi, specifica la norma, non possono essere assolti tramite impianti da fonti rinnovabili che producano esclusivamente energia elettrica che a sua volta alimenti dispositivi o impianti per la produzione di acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento.

Per i titoli abilitativi richiesti entro il 31 dicembre 2017 resta fermo l’obiettivo di soddisfare con rinnovabili il 35% dei consumi degli impianti termici. Non sono soggetti all'obbligo gli edifici allacciati ad una rete di teleriscaldamento che copra l'intero fabbisogno di calore per il riscaldamento degli ambienti e la fornitura di acqua calda sanitaria.

Per energia da fonti rinnovabili, ai sensi del D.lgs. 28/2011, si intende l'energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica (accumulata nell'aria ambiente sotto forma di calore), geotermica (immagazzinata sotto forma di calore nella crosta terrestre), idrotermica (immagazzinata nelle acque superficiali sotto forma di calore) e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.

Nel caso in cui, per impossibilità tecniche certificate dal progettista, non sia possibile rispettare la normativa, la norma richiede comunque di ottenere un indice di prestazione energetica complessiva dell'edificio che risulti inferiore rispetto al pertinente indice di prestazione energetica complessiva reso obbligatorio ai sensi del Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

In caso di utilizzo di pannelli solari termici o fotovoltaici disposti sui tetti degli edifici, la norma prescrive che i componenti siano aderenti o integrati nei tetti, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda.

La potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili che devono essere obbligatoriamente installati sopra o all'interno dell'edificio o nelle relative pertinenze, misurata in kW, deve essere calcolata secondo la formula indicata nell'Allegato 3 al D.lgs. 28/2011.

Nei centri storici l’obbligo è ridotto del 50% o non si applica qualora il progettista dimostri che l’introduzione delle rinnovabili comporti un’alterazione incompatibile con il valore storico e artistico dell’edificio. Negli edifici pubblici, invece, l’obbligo è incrementato del 10%.

AdA

Scarica il Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28

Scarica il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192

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La relazione AIA perde la bussola

La relazione AIA perde la bussola

Le nuove istanze di Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA) rischiano di rallentare dopo la bocciatura del decreto con le istruzioni per le relazioni di riferimento. Il Tar Lazio, con la sentenza 11452 pronunciata lo scorso 20 novembre ha infatti annullato il decreto del ministero dell’Ambiente (Dm 272/2014) che dettava le modalità di redazione della relazione di riferimento, ossia il documento che i gestori degli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale devono predisporre prima di mettere in esercizio l’impianto che utilizza sostanze pericolose o in fase antecedente al primo aggiornamento dell’Aia.

Lo strumento della relazione di riferimento nasce, prima a livello comunitario e poi nazionale, per assicurare l’assenza di contaminazioni nel suolo e nelle acque sotterranee. È un documento di raffronto tra la situazione esistente nel momento in cui si avvia l’attività di uno stabilimento (o quando essa è già pienamente operativa) e la situazione esistente al momento della dismissione dell’impianto.

La relazione di riferimento, quindi, fotografa lo stato del sottosuolo in un dato momento storico e, nelle intenzioni del legislatore, questa fotografia servirà quando l’installazione produttiva smetterà di operare. In quel momento, infatti, graverà sul gestore l’obbligo di verificare se le operazioni industriali hanno causato un deterioramento delle condizioni del sottosuolo. Per la verifica, il parametro di riferimento sarà costituito, appunto, dalla situazione fotografata (anni prima) dalla relazione di riferimento.

Va da sé che se il raffronto determina un peggioramento della qualità di suolo e acque, il gestore deve compiere le attività necessarie per «rimediare a tale inquinamento». Scattano così molte questioni interpretative sull’intreccio logico e giuridico che sussiste tra obbligo di rimessa in pristino che nasce dal raffronto con la relazione di riferimento e l’obbligo di bonifica previsto dal Codice dell’ambiente. Ma la sentenza del Tar Lazio pone un problema diverso, più imminente e pratico: come redigere la relazione di riferimento ora che il decreto ministeriale 272/2014 è stato annullato.

L’obbligo di redigere la relazione di riferimento è un adempimento abbastanza recente: è stato introdotto nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. 46/2014, ossia il decreto che ha sostanzialmente riscritto la sezione del Codice dell’ambiente dedicata agli impianti in Aia, che come molte norme nazionali, trova la sua genesi nell’ordinamento comunitario (e, in particolare, nella direttiva 2010/75/Ue).

Il Codice dell’ambiente ha, quindi, indicato i casi in cui l’obbligo della relazione scatta ma ha anche stabilito che le modalità per predisporre la relazione di riferimento, con particolare riguardo alle metodiche di indagine ed alle sostanze pericolose da ricercare per gli impianti ricadenti in Aia, fossero disciplinate da un decreto del ministro dell’Ambiente.

In virtù di questa delega (contenuta nel comma 9-sexies dell’articolo 29-sexies del Codice dell’ambiente) il ministero aveva varato il Dm 272/2014 che completava il quadro normativo sulla relazione con questi obiettivi:

  • introduzione di una verifica preliminare per la sussistenza dell’obbligo della relazione;
  • definizione dei tempi per la presentazione della relazione;
  • indicazione dei contenuti minimi e dei criteri per la caratterizzazione di suolo e acque.

Il Tar Lazio ha annullato il decreto ritenendo che sia stato approvato con un procedimento di formazione non corretto: secondo i giudici avrebbe dovuto essere sottoposto al Consiglio di Stato, alla Corte dei Conti e pubblicato per intero. Ora, in assenza del Dm 272, e fino a quando il ministero dell’Ambiente non provvederà con un nuovo decreto, restano da trovare nuove basi e metodologie per predisporre il documento.

Un contributo ai tecnici che redigeranno la relazione potrà sicuramente venire dalle linee guida della Commissione europea 2014/C 136/01, che identificano otto fasi per la redazione della relazione e su cui lo stesso ministero dell’Ambiente ha fondato buona parte della costruzione del Dm 272/2014: entrambi i documenti, infatti, prevedono la fase della verifica della sussistenza dell’obbligo di relazione, e richiedono che le indagini siano puntuali e affidabili. Tuttavia il decreto presentava un maggiore grado di dettaglio, nell’indicazione della strategia di investigazione e dei campioni da selezionare, rispetto alle linee guida.

A ciò si aggiunga che le linee guida non hanno natura cogente nell’ordinamento italiano (il punto 2 delle linee guida infatti indica che: «Scopo delle presenti linee guida è chiarire concretamente il testo e la finalità della direttiva, per consentirne un’attuazione uniforme da parte degli Stati membri»).

In questo contesto, quindi, è immaginabile un periodo di impasse in cui operatori e Pa potrebbero rallentare le istruttorie delle istanze di nuove Aia o di rinnovo proprio a causa dell’incertezza con cui redigere la relazione di riferimento.

AdA

fonte Sole24Ore CC

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Premio EMAS Italia 2018: pubblicazione del bando di partecipazione

Premio EMAS Italia 2018: pubblicazione del bando di partecipazione

Il Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit e l’ISPRA, in occasione delle celebrazioni per i venti anni di EMAS in Italia, anche quest’anno intendono dare riconoscimento e visibilità alle organizzazioni registrate EMAS premiando quelle che hanno meglio interpretato ed applicato i principi ispiratori dello schema europeo: a tal fine anche per il 2018 viene indetto il concorso per l’assegnazione del Premio EMAS Italia, importante iniziativa a livello nazionale nell’ambito della comunicazione ambientale.

L’impegno in ambito EMAS, in tal senso, verrà valorizzato sia in termini di comunicazione sia in termini di efficacia delle azioni volte al coinvolgimento di tutte le parti interessate ed è per questo che verranno premiate quelle realtà che sono riuscite a raggiungere i migliori risultati nell’efficacia della comunicazione e sono riusciti a organizzare iniziative che hanno ottenuto un efficace coinvolgimento di tutti i destinatari cui erano dirette.

È possibile candidarsi al Premio EMAS Italia 2018 per tre categorie di partecipazione:

  • CATEGORIA 1 - Dichiarazione ambientale comunicativamente più efficace
  • CATEGORIA 2 - Iniziativa promozionale o evento in ambito EMAS che abbia coinvolto in maniera più efficace i propri destinatari
  • CATEGORIA 3 - Contenuto multimediale comunicativamente più efficace

Tutte le informazioni concernenti ammissibilità, validità della partecipazione, motivi di esclusione, categorie dei premi e criteri di valutazione sono contenute all’interno del Bando di concorso. Il termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione, da compilare e inoltrare secondo le modalità indicate nel bando, scade improrogabilmente il 23 marzo 2018.

AdA

Scarica il bando di concorso

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Albo Nazionale Gestori Ambientali: indicazioni in caso di non regolarità contributiva

Albo Nazionale Gestori Ambientali: indicazioni in caso di non regolarità contributiva

Tra i requisiti previsti per il rilascio ed il mantenimento dell'iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali, vi è anche il regolare pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.

Tale requisito viene verificato direttamente dalla competente Sezione Regionale / Provinciale dell'Albo, tramite la verifica telematica presso l'INPS utilizzando il servizio "Durc On Line". Se da tale verifica emergono irregolarità contributive, il soggetto interessato viene invitato a regolarizzarsi entro 15 giorni, e l'intero procedimento deve concludersi entro 30 giorni dalla prima richiesta di verifica della regolarità contributiva.

Con la circolare n. 31 dell’8 gennaio 2018, il Comitato Nazionale dell'Albo ha ribadito che nel caso in cui dopo i suddetti 30 giorni il sistema telematico non riporti un esito positivo della procedura di regolarizzazione, le Sezioni dovranno provvedere al diniego dell'iscrizione e, in caso di imprese già iscritte, sarà avviato il procedimento di cancellazione.

AdA

Scarica la Circolare del Comitato Nazionale dell'Albo Gestori Ambientali prot. n. 31 del 08/01/18

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Tracciabilità rifiuti (Sistri). Prorogate le sanzioni ridotte per la mancata iscrizione e l’omesso versamento

Tracciabilità rifiuti (Sistri). Prorogate le sanzioni ridotte per la mancata iscrizione e l’omesso versamento

I commi 1134 e 1135 dell’unico articolo della legge di Bilancio per il 2018 ridisegnano la tracciabilità dei rifiuti. Il primo reca la ormai consueta “proroga Sistri” di fine anno; il secondo conferisce dignità informatica al formulario e al registro cartacei e delega il ministero dell’Ambiente a individuare le procedure di recupero dei contributi Sistri dovuti e non pagati.

In ordine alla cosiddetta “proroga Sistri”, il dispositivo agisce sull’articolo 11, commi 3-bis e 9-bis del decreto legge 101/2013 (legge 125/2013) e stabilisce che le sanzioni per la non corretta operatività sul Sistri non saranno applicabili «Fino alla data del subentro nella gestione del servizio da parte del concessionario» individuato mediante gara d’appalto gestita da Consip «e comunque non oltre il 31 dicembre 2018». Restano, invece, operanti e ridotte della metà le sanzioni per la mancata iscrizione e l’omesso versamento del contributo Sistri. Fino ad allora, si applicano i tradizionali obblighi di tracciabilità per formulari, registri e Mud di carta e relative sanzioni. Per gli obbligati, si aggiunge il Sistri fatto di chiavette Usb e black box (distribuite per un totale di 641.746 unità), schede, chiavi di accesso e collegamenti on line sempre interrotti.

A marzo, il Tar del Lazio dovrà pronunciarsi sulla legittimità dell’aggiudicazione della gara per l’affidamento del Sistri. Nonostante il Sistri attuale sia un paradosso, ad oggi, sono circa 78mila le imprese tenute a usarlo. In origine, erano 398.160.

Il Sistri è costato tanto: i “contributi versati dagli utenti” ammontano a 187.251.865 euro. Tanto rumore per nulla. Non basta, l’attuale concessionaria Selex Se.Ma. Spa, come anticipo dei costi di produzione, riceverà 10 milioni di euro anche per il 2018.

Il nuovo comma 1135 aggiunge l’articolo 194-bis al Dlgs 152/2006 (“Codice ambientale”) per semplificare registro e formulario e per recuperare i contributi Sistri non versati. L’informatizzazione delle pratiche burocratiche, consente (e non obbliga) la semplice tenuta digitale di registri e formulari.

Il ministero dell’Ambiente può emanare un decreto che predisponga il formato. Dal 1° gennaio 2018 la quarta copia del formulario può essere trasmessa anche mediante Pec. Fatta salva questa trasmissione, si ritiene che il decreto sia necessario e che, fino ad allora, chi sceglie il digitale non possa ancora rinunciare alla carta. Il tutto vale anche per i soggetti non tenuti a Sistri.

Sul fronte del contributo Sistri, è dichiara la prescrizione decennale e il ministero dell’Ambiente disciplinerà le seguenti possibili procedure per sanare il pagamento:

  • sollecito di pagamento, prima della riscossione coatta del credito;
  • compensazione dei crediti a titolo di rimborso con quanto dovuto a titolo di contributo;
  • semplificazioni per regolarizzare la posizione contributiva, fino all’annualità in corso alla data del 1° gennaio 2018, mediante ravvedimento operoso, acquiescenza o accertamento concordato;
  • strumenti di conciliazione giudiziale per accordi, in sede processuale, tra Ministero e imprese per pagare o rimborsare.

Le procedure estinguono la sanzione e non comportano il pagamento di interessi. Insomma: se non si paga subito, si pagherà, forse, dopo e senza aggravio. Intanto il Dpcm 28 dicembre 2017 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 30 dicembre 2017) contiene la nuova modulistica per il Mud (Modello unico di dichiarazione ambientale) da inviare entro il 30 aprile 2018.

Per il Modello rifiuti semplificato scompare la carta e potrà essere presentato solo accedendo al sito mudsemplificato.ecocerved.it. I soggetti autorizzati per il recupero (anche semplificato) o lo smaltimento di rifiuti, con la scheda scheda Sa-Aut, dovranno fornire informazioni sulle autorizzazioni: tipo di atto, ente che lo ha rilasciato, data di rilascio e scadenza, operazioni assentite e capacità complessiva autorizzata.

AdA

fonte Sole24Ore 4/18 PF

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Risparmio energetico: cessione del credito d'imposta più facile

Risparmio energetico: cessione del credito d'imposta più facile

La legge di Bilancio 2018 ha dato il via alla cessione a terzi dei crediti d'imposta del 65%, 70% e 75% per il risparmio energetico qualificato da parte di tutti i contribuenti (incapienti e non), non solo per i lavori sulle parti comuni condominiali, ma anche per quelli sulle singole unità immobiliari (abitative e non). Solo gli incapienti, però, potranno cedere la detrazione fiscale alle banche.

È stata confermata, inoltre, la possibilità di cessione del credito d'imposta derivante dalla detrazione Irpef o Ires, per gli interventi antisismici sulle “parti comuni”, pari al 75% (riduzione di una classe di rischio) o all'85% (riduzione di due classi) (articolo 16, comma 1-quinquies, DL 63/2013). Confermata anche la cessione del credito del 75% o 85%, previsto per l'acquisto, di unità immobiliari, sulle quali, dopo la demolizione e la ricostruzione dell'intero edifico, l'impresa ha effettuati interventi antisismici

Dal 2018, per tutti gli interventi sul risparmio energetico qualificato, quindi, non solo per quelli sulle parti comuni (come previsto con limitazioni per il 2016 e il 2017, provvedimento 28 agosto 2017), ma anche per quelli su singole unità immobiliari, gli incapienti (contribuenti con meno di 8mila euro lordi di reddito 2017), possono cedere il corrispondente credito d'imposta del 65%, per intero e non in parte, ai fornitori e altri soggetti privati, come ad esempio gli istituti di credito e intermediari finanziari, con facoltà di questi ultimi di “successiva cessione”, non a banche (articolo 2, comma 2, lettera c, provvedimento 28 agosto 2017), in tutto o in parte, solo dopo il 10 marzo anno successivo (articolo 14, comma 2-ter, DL 63/2013).

Il credito d’imposta sale al 70% per gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni condominiali, che interessano l'involucro dell'edificio con un'incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell'edificio medesimo ovvero del 75% se si consegue un miglioramento della prestazione energetica invernale e estiva “almeno” pari alla qualità media di cui al decreto 26 giugno 2015, articolo 14, comma 2-quater, Dl 63/2013).


Fonte IlSole24Ore 1/18 LDS

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Biomasse solide: certificazione ambientale

Biomasse solide: certificazione ambientale

Dal 2 gennaio 2018 è entrato in vigore il Decreto 7 novembre 2017, n. 186, che stabilisce i requisiti, le procedure e le competenze per il rilascio di una certificazione ambientale dei generatori di calore alimentati con legna da ardere, carbone di legna e biomasse combustibili, come individuati alle lettere f) , g) e h) della parte I, sezione 2, dell’allegato X alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Possono essere oggetto di certificazione ambientale diverse categorie di generatori di calore:

  1. camini chiusi, inserti a legna: UNI EN 13229 - inserti e caminetti aperti alimentati a combustibile solido - requisiti e metodi di prova;
  2. caminetti aperti: UNI EN 13229 - inserti e caminetti aperti alimentati a combustibile solido - requisiti e metodi di prova;
  3. stufe a legna: UNI EN 13240 - stufe a combustibile solido - requisiti e metodi di prova;
  4. stufe ad accumulo: UNI EN 15250 - apparecchi a lento rilascio di calore alimentati a combustibili solidi - requisiti e metodi di prova;
  5. cucine a legna: UNI EN 12815 - termocucine a combustibile solido - requisiti e metodi di prova;
  6. caldaie fino a 500 kW: UNI EN 303-5 - caldaie per riscaldamento - parte 5: caldaie per combustibili solidi, con alimentazione manuale o automatica, con una potenza termica nominale fino a 500 kW - terminologia, requisiti, prove e marcatura;
  7. stufe, inserti e cucine a pellet - termostufe: UNI EN 14785 - apparecchi per il riscaldamento domestico alimentati con pellet di legno - requisiti e metodi di prova.

La procedura di cui al decreto prevede la richiesta da parte del produttore a un organismo notificato della certificazione ambientale del generatore di calore.

L’organismo notificato effettua le prove secondo i metodi di riferimento (specifiche e norme tecniche), rilascia i rapporti di prova relativi alle prestazioni emissive del generatore di calore, individua la pertinente classe di qualità e rilascia la relativa certificazione ambientale, entro 9 mesi dalla ricezione della richiesta.

AdA

Scarica il Decreto 7 novembre 2017, n. 186

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MUD: approvato il modello per il 2018

MUD: approvato il modello per il 2018

Approvato il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) per l'anno 2018 (ovvero relativo ai dati 2017) con la pubblicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 dicembre 2017 sul S.O. n. 64 alla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2017, n. 303.

Il Decreto contiene 4 allegati con l'articolazione e le schede del Modello e (Allegato 4) le indicazioni per la presentazione del MUD in modalità telematica.

Il modello deve essere presentato, come previsto dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, entro il 30 aprile e sarà valido sino alla piena entrata in operatività del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI).

l modello di dichiarazione MUD 2018, sostituisce quello allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2014, che fu poi confermato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2015 per l'anno 2016.

AdA

Scarica il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 dicembre 2017

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Imprese energivore, dal 1° gennaio attive le nuove agevolazioni

Imprese energivore, dal 1° gennaio attive le nuove agevolazioni

Il Ministro Calenda ha firmato il 21 Dicembre 2017, il decreto che dal 1° gennaio 2018 consentirà di ridurre il costo dell’elettricità per le imprese manifatturiere energivore. Il provvedimento consentirà di ridurre il differenziale di prezzo dell’energia elettrica pagato dalle imprese più esposte alla concorrenza estera, introducendo anche in Italia le nuove misure rese possibili dall’Europa: si potrà così ottenere un progressivo allineamento dei costi per la fornitura di energia elettrica delle imprese italiane ai livelli degli altri competitors europei.

La riduzione del costo dell’energia per le imprese energivore, insieme al sostegno all’innovazione attivato con il piano Industria 4.0, costituisce la base per un recupero di competitività del Made in Italy e di tutti i settori industriali, per rilanciare la crescita, contrastando il rischio di delocalizzazioni.

Il nuovo sistema prevede la possibilità di ridurre il prelievo dalle bollette elettriche degli oneri connessi al sostegno delle rinnovabili e, più in dettaglio:

• l’applicazione della cd "clausola VAL" alle imprese che hanno un costo dell’energia pari almeno al 20% dello stesso VAL (valore aggiunto lordo) , che, dunque, potranno ridurre il proprio contributo alle rinnovabili fino a un valore minimo dello 0,5% del VAL, rendendo il costo sostenuto per il finanziamento a tale voce della bolletta elettrica esclusivamente funzione del proprio risultato aziendale (la spesa sostenuta sarà quindi indipendente dal costo per le rinnovabili). Si evidenzia che la previsione di più classi di intensità elettrica su VAL, ciascuna con una diverso livello di contribuzione, consente di assicurare maggiore equilibrio e gradualità nel riconoscimento del vantaggio alle imprese beneficiarie della misura;

• per le altre imprese, il mantenimento di classi di agevolazione basate sul rapporto fra il costo dell’energia elettrica e il fatturato, con percentuali riviste per tener conto degli obiettivi di sostegno alla crescita. Inoltre, la proposta consente di migliorare il sostegno ad alcuni settori particolarmente esposti alla concorrenza internazionale, pur con bassa intensità elettrica su fatturato ( es. ceramica).

Saranno utilizzati parametri di consumo “efficiente”, sviluppati dall’ENEA entro luglio 2018. Sarà così possibile stimolare le imprese ad attivare nuovi investimenti in efficienza energetica e sostenibilità.

Scarica il decreto 21 dicembre 2017

Fonte: MiSE

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EMAS: integrate le linee guida europee per l'adesione al sistema

EMAS: integrate le linee guida europee per l'adesione al sistema

La Commissione europea con Decisione 2017/2285 del 6 dicembre ha modificato le linee guida per l'utente che illustrano le misure necessarie per aderire a EMAS (introdotte con Decisione della Commissione, del 4 marzo 2013).

EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) è uno strumento volontario messo a disposizione di qualsiasi organizzazione operante in qualsiasi settore economico che intenda assumersi una responsabilità ambientale ed economica, migliorare le proprie prestazioni ambientali, e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione ambientale (c.d. dichiarazione ambientale). Per ottenere e mantenere la registrazione EMAS (vedi Regolamento 1221/2009), le organizzazioni devono sottoporre il proprio sistema di gestione ambientale ad una valutazione di conformità da parte di un verificatore accreditato, al quale inoltre deve essere sottoposta la dichiarazione ambientale per la relativa convalida.

La politica ambientale dell'Unione europea annovera tra i propri obiettivi quello di incoraggiare le organizzazioni di ogni tipo a utilizzare sistemi di gestione ambientale per ridurre il proprio impatto ambientale. In quest’ottica i sistemi di gestione ambientale rappresentano uno degli strumenti con cui imprese e altre organizzazioni possono migliorare le proprie prestazioni ambientali, risparmiando contemporaneamente energia e altre risorse. Con le Linee guida contenute nella Decisione 2285/2017, la Commissione UE intende incoraggiare l’adesione al Sistema di ecogestione e audit (EMAS) fornendo una guida semplice e chiara per le organizzazioni interessate a questo sistema per migliorarne la comprensione generale, indicando gli obblighi e le modalità per aderirvi ed applicarlo, offrendo esempi e istruzioni da seguire fase per fase.

Al fine di incentivare le organizzazioni ad aderire al sistema EMAS, le linee guida mostrano in primo luogo i benefici che ne derivano:

  • maggiori risparmi in termini di efficienza;
  • minor numero di incidenti negativi;
  • miglioramento delle relazioni con le parti interessate;
  • maggiori opportunità di mercato, semplificazione degli obblighi.

Con particolare riferimento alle maggiori opportunità di mercato, le Linee guida chiariscono che:

  • la registrazione a EMAS può giovare all'attività imprenditoriale (può infatti servire a conservare i clienti esistenti ed espandere la propria attività);
  • nel caso di un appalto pubblico, disporre del sistema di gestione ambientale EMAS può costituire un vantaggio in quanto le imprese registrate possono avvalersi della registrazione stessa per dimostrare di possedere i mezzi tecnici per soddisfare i requisiti di gestione ambientale previsti per contratto.

Inoltre, le organizzazioni possono incoraggiare i propri fornitori a dotarsi di un sistema di gestione ambientale nel quadro della propria politica ambientale. La registrazione a EMAS può agevolare, per entrambe le parti, le procedure interne tra impresa e impresa.

AdA

Scarica la Decisione (UE) 2017/2285 del 6 dicembre 2017

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