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News - Responsabilità Sociale

News - Responsabilità Sociale (235)

RUP e cause di esclusione, in Gazzetta le Linee guida Anac n. 3 e n. 6 aggiornate

RUP e cause di esclusione, in Gazzetta le Linee guida Anac n. 3 e n. 6 aggiornate

Sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 260 del 7 novembre 2017 sono state pubblicate le Linee guida n. 3 e n. 6 dell'Autorità anticorruzione, aggiornate al decreto legislativo n. 56 del 19 aprile 2017 correttivo del nuovo Codice dei contratti.

Aggiornate con deliberazione del Consiglio Anac n. 1007 dell’11 ottobre 2017, le Linee guida n. 3, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni» - entrano in vigore il 22 novembre 2017.

Le Linee guida n. 6, di attuazione del nuovo Codice Appalti, recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice», sono state aggiornate con la Determinazione Anac n. 1008 del 11 ottobre 2017.

Anche queste linee guida entreranno in vigore il 22 novembre prossimo, cioè il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

AdA

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Innovazione sostenibile e sostituzione sostanze chimiche, questionario per le imprese

Innovazione sostenibile e sostituzione sostanze chimiche, questionario per le imprese

Il Ministero dello Sviluppo Economico - Punto di Contatto Nazionale per l’attuazione delle Linee Guida OCSE per le imprese multinazionali in materia di condotta di impresa responsabile, e l’Helpdesk REACH, promuovono l’indagine conoscitiva sulle buone pratiche delle imprese italiane "Innovazione sostenibile e inclusiva, e rendicontazione non finanziaria nel quadro dell’Agenda 2030 ", nell’ambito delle azioni inerenti i temi di Sviluppo Sostenibile e della rendicontazione non finanziaria, analizzati in un’ottica di implicazioni per le imprese nella predisposizione di strategie, meccanismi e processi innovativi, in linea con le policy pubbliche.

Il questionario mira anche a identificare esempi di imprese che, nelle proprie attività, hanno intrapreso un percorso di sostituzione delle sostanze SVHC con altre meno pericolose. Una gestione delle sostanze chimiche rispettosa di ambiente e salute, infatti, è elemento decisivo per il raggiungimento di alcuni degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals).

L’indagine rappresenta il primo passo di un percorso che porterà alla stesura di un rapporto di sintesi a cura del Ministero dello Sviluppo Economico i cui elementi chiave costituiranno la descrizione delle pratiche d’impresa in un’ottica aziendale integrata.

Il questionario può essere compilato e inviato entro il 29 novembre 2017 al seguente indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per chiarimenti e informazioni di dettaglio è possibile scrivere alla dott.ssa Oriana Perrone, coordinatrice della ricerca Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

AdA

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La privacy 2.0 ridisegna l’organizzazione aziendale: Regole e sistemi interni da adeguare entro maggio 2018

La privacy 2.0 ridisegna l’organizzazione aziendale: Regole e sistemi interni da adeguare entro maggio 2018

Il debutto, nel 2018, della nuova normativa europea sulla protezione dei dati personali impone alle aziende di cominciare ad adeguare policy e organizzazione interna, fin da ora, per arrivare preparate alla data del 25 maggio, quando sarà efficace in tutta l’Unione il Regolamento generale per la protezione dei dati (Gdpr, regolamento Ue 2016/679 ).

Da quella data, infatti, la normativa europea sostituirà integralmente quella interna attualmente in vigore; il Gdpr sostituirà il nostro Codice privacy (in vigore dal 2003) e la disciplina in materia di trattamento dei dati tra i vari Paesi membri sarà uniforme.
È facile intuire perché l’Unione abbia dedicato tempo e attenzione al tema della protezione dei dati: la tecnologia connota in modo profondo il mondo economico e imprenditoriale (i social media, la gig-economy) generando fatturati e valore che si appoggiano sulla gestione dei dati, più che sulla produzione o sui servizi. Non a caso si sente dire che questa è la quarta rivoluzione industriale, e i dati «il petrolio del nuovo millennio».

Rivendicando un ruolo centrale in questo contesto, l’Unione rivisita e innova una normativa e un concetto (la «privacy») entrato da tempo negli ordinamenti e nel lessico degli Stati ma in molti casi confinato in formule ripetitive, tutele evanescenti e, insomma, percepito più come requisito formale che come diritto sostanziale (degli utenti) e rispettivo obbligo (dei titolari, degli incaricati e di chiunque si trovi a trattare un dato altrui).

La strada scelta dal legislatore europeo per raggiungere questo scopo è stata, in primo luogo, l’inasprimento del sistema sanzionatorio, con multe che possono arrivare nel massimo all’importo maggiore tra il 4% del fatturato mondiale di gruppo e 20 milioni di euro. In secondo luogo, si è deciso di introdurre nuovi concetti e principi sconosciuti alla precedente legislazione, elaborando e specificando i concetti già presenti. Nascono nuove obbligazioni (la tenuta – obbligatoria per le aziende che impieghino più di 250 dipendenti, ma consigliata in ogni caso dal nostro Garante – del registro per le attività di trattamento), nuove procedure (come la notifica dei cosiddetti data breach o violazioni dei dati) e nuove figure (il Responsabile per la protezione dei dati) entrano nel nostro sistema, senza passare, considerata la natura del provvedimento, per un recepimento del legislatore nazionale. Il Gdpr sarà, da maggio 2018, la normativa europea per la tutela dei dati personali.

Nasce anche un nuovo vocabolario della privacy, con concetti e termini inediti (e anglofoni): la privacy by design e by default, ad esempio, che prevedono che ogni sistema di trattamento dei dati (con particolare riferimento ai sistemi elettronici) sia progettato sin dall’origine per il rispetto della normativa (non solo, quindi, usato in quel modo) e preveda specifiche tecniche che, per quanto possibile, impediscano in radice ogni violazione con impostazioni predefinite.

Il sistema, diversamente da quello precedente, è retto idealmente dal concetto di accountability, ossia, grosso modo, responsabilizzazione: una sorta di clausola di chiusura per il sistema. Non esiste più un catalogo di misure minime da adottare per la tutela dei dati, misure che, quindi, garantiscono il titolare da sanzioni e imprevisti. I titolari dovranno mettere in atto le misure tecniche e organizzative che di volta in volta siano adeguate, anche alla luce delle innovazioni tecnologiche, a garantire la tutela dei diritti degli interessati. Ogni titolare, dunque, sarà responsabile dei propri sistemi e della loro tenuta (a priori e a posteriori) di fronte a possibili violazioni o incidenti. Una doppia rivoluzione copernicana: la privacy al centro dei processi aziendali; i diritti dell’utente al centro della disciplina della privacy.

Resta da chiedersi quali siano i processi aziendali che coinvolgono dati personali e chi siano gli utenti al centro delle nuove tutele. La risposta è semplice. Tutti i processi aziendali coinvolgono dati personali; gli utenti del sistema sono tutti i soggetti che, a ogni livello, hanno a che fare con le società: clienti, fornitori, visitatori del sito internet e, ovviamente, dipendenti. Come già in materia di sicurezza sul lavoro, va prevista una formazione specifica ed efficace, che andrà anche debitamente documentata e inserita nei documenti e nei processi sulla privacy interni. La formazione andrà poi ripetuta e, soprattutto, aggiornata secondo i cambiamenti dell’attività e del tipo di dati trattati.

AdA

fonte Sole24Ore 293/17 AB e PP

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Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile

Strategia nazionale per lo Sviluppo Sostenibile

Il 2 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. Il documento, frutto di un lungo processo di consultazione e di lavoro condiviso con le amministrazioni centrali, le Regioni, la società civile, il mondo della ricerca e della conoscenza, intende offrire un quadro di riferimento comune al Paese su una visione di sviluppo orientata alla sostenibilità. Individua per questo cinque aree di intervento: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership.

La Strategia prende le mosse dall’aggiornamento della precedente “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia 2002-2010″, ma ne amplia la prospettiva, facendo proprio il messaggio e i contenuti dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata nel 2015 alle Nazioni Unite a livello di Capi di Stato e di Governo, in linea con l’Accordo raggiunto nel 2015 in occasione della “Conferenza delle Parti” di Parigi sul contrasto ai cambiamenti climatici.

L’approvazione della Strategia rappresenta il primo passo per declinare e calibrare gli obiettivi dell’Agenda 2030 nell’ambito della propria programmazione economica, sociale e ambientale. A questa approvazione seguirà una seconda fase, coordinata dalla Presidenza del Consiglio, per la definizione e quantificazione degli obiettivi da associare agli obiettivi di sviluppo sostenibile che la Strategia stabilisce, nonché l’individuazione di metodi condivisi per il loro monitoraggio e per la valutazione del contributo delle politiche attuali e future al loro raggiungimento.

AdA

Scarica il testo della SNSvS

Scarica gli obiettivi strategici nazionali e gli SDGs

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Servizi infungibili, da Anac le linee guida definitive

Servizi infungibili, da Anac le linee guida definitive

L’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha pubblicato le nuove linee guida sui servizi infungibili. Si tratta di quelle prestazioni che, per la loro peculiarità, possono essere erogate solo da un determinato soggetto (professionista, fornitore o impresa) e quindi l’Amministrazione procede mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando.

Questo sistema derogatorio rispetto alle procedure ordinarie previste dal Codice Appalti (D.lgs. 50/2016) risulta molto utilizzato nel settore delle manutenzioni, ma anche in quello sanitario e informatico. L’Anac ha quindi fornito indicazioni puntuali per accertare l’effettiva infungibilità di un bene o di un servizio in modo che le Stazioni Appaltanti non si trovino in una situazione di “lock-in”, che si verifica quando le scelte passate condizionano di fatto anche quelle attuali limitando la concorrenza.

Per evitare fenomeni elusivi della concorrenza, le Stazioni Appaltanti devono innanzitutto effettuare una programmazione attenta dei propri fabbisogni. Tra i costi da sostenere vanno presi in considerazione quelli per l’acquisto di parti di ricambio, il ciclo di vita del prodotto e per il cambio del fornitore.

Le Amministrazioni devono poi svolgere una consultazione di mercato preliminare, motivando adeguatamente la scelta di procedere mediante procedura negoziata. La stazione Appaltante, si legge nelle linee guida, non può accontentarsi delle dichiarazioni del fornitore, ma deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di mercato. Neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità.

L’Anac sottolinea che i costi di mutamento del fornitore possono essere sovrastimati, anche a causa dell’inerzia che caratterizza l’azione amministrativa. In generale, le difficoltà inerenti il cambio del fornitore devono essere confrontate con i risparmi di lungo periodo.

In generale, per evitare di rimanere bloccati, l’Anac suggerisce il multi-sourcing in cui si prevedono più aggiudicatari per la singola gara (o lotto), con l’assegnazione al concorrente primo qualificato di una quota maggiore.

Tuttavia, i potenziali benefici del multi-sourcing potrebbero essere annullati dall’inevitabile duplicazione dei costi. Secondo l’Anac la soluzione migliore sembra la previsione di lotti o quote disomogenee ma allo stesso tempo coerenti con la dimensione minima efficiente del mercato, preferibilmente aggiudicati con procedure distanziate nel tempo.

Per il settore dell’ICT le linee guida propongono di agire sulle specifiche tecniche, mediante gare su standard e non su sistemi prioritari. Per tale scelta, sottolinea l’Anac, le amministrazioni devono confrontare i costi per la dismissione del sistema esistente con i vantaggi che si determinano nel medio lungo periodo.

AdA

Scarica le Linee Guida sui servizi infungibili

Scarica la relazione AIR

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Porti di Napoli e Salerno, entro fine mese il decreto sulle zone economiche speciali

Porti di Napoli e Salerno, entro fine mese il decreto sulle zone economiche speciali

Sono in arrivo i Dpcm (Decreti del presidente del Consiglio dei ministri) per le Zone economiche speciali, il nuovo strumento inserito nell'ultima legge sul Mezzogiorno con l'obiettivo di attrarre investimenti utilizzando la leva delle agevolazioni fiscali, burocratiche e normative. La Puglia si candida con due Zes: Taranto, che si estenderà molto probabilmente sino a Matera, e Bari-Brindisi.

Entrambe le Zes avranno come riferimento le due Autorità portuali di sistema: Mar Ionio Taranto e Mar Adriatico meridionale Bari-Brindisi. I primi due Dpcm, ha annunciato il ministro per il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, incontrando sindacati e Confindustria, saranno pronti entro fine mese. "Il primo raccoglierà le regole generali per l'istituzione delle Zes, la loro delimitazione e le condizioni speciali di beneficio per i soggetti economici che vi operano o che vi si insedieranno, a cui le Regioni si dovranno attenere nel formulare la loro proposta di Zes. Il secondo, invece, conterrà i criteri e gli indirizzi per le semplificazioni amministrative nelle Zes": lo specifica Ludovico Vico, deputato Pd, della commissione Attività produttive della Camera.

In un secondo momento, successivamente all'individuazione delle Zes da parte delle Regioni, saranno emanati singoli Dpcm, uno per ogni Zes, in cui  si specificheranno le principali tipologie di intervento. Confermate da De Vincenti le due Zes in Puglia: quella interregionale di Taranto con la Basilicata e quella adriatica di Bari e Brindisi.

Le altre Zes sono: Napoli-Salerno; Gioia Tauro, che metterebbe in connessione Lamezia e Reggio Calabria; Catania-Augusta-Siracusa; Palermo, in connessione con Termini Imerese; Cagliari; la Zes interregionale Abruzzo e Molise con connessione fra Ortona, Vasto e Termoli, (Zes, rileva Vico, "a quanto pare un po' complicata da realizzarsi ma in ogni caso possibile"). "Ora sappiamo, conferma l'assessore allo Sviluppo economico, Michele Mazzarano, che Taranto è ufficialmente candidata come Zes per la Puglia, assieme a Bari-Brindisi, e questa è già una buona notizia" commenta il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo. Il quale prende atto positivamente che la Regione Puglia ha inserito nel gruppo di lavoro della Zes per Taranto anche i vertici di Confindustria Taranto, Comune di Taranto e consorzio Asi (Area sviluppo industriale).

AdA

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Sviluppo sostenibile, istituito il Fondo europeo

Sviluppo sostenibile, istituito il Fondo europeo

Con Regolamento (UE) 2017/1601, pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il Parlamento europeo e del Consiglio ha adottato un regolamento che istituisce un Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD).  L'EFSD è lo strumento principale per l'attuazione del piano europeo per gli investimenti esterni (PIE) a sostegno degli investimenti nei paesi africani e del vicinato. L'obiettivo principale del piano è contribuire alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 stimolando la crescita e l'occupazione, affrontando al contempo le cause profonde della migrazione.

Partendo da un bilancio iniziale di 3 350 milioni di EUR, il fondo è destinato a generare fino a 44 miliardi di EUR di investimenti, che potrebbero raddoppiare se gli Stati membri e altri donatori contribuiranno in misura pari all'UE. Il fondo contribuirà a finanziare progetti in un'ampia gamma di settori, quali energia, trasporti, infrastrutture sociali, economia digitale, uso sostenibile delle risorse naturali, agricoltura e servizi locali.

Incoraggerà il settore privato a investire in paesi o settori nei quali altrimenti non investirebbe, ad esempio in paesi fragili o colpiti da conflitti. Analogamente al Fondo europeo per gli investimenti strategici, che sosterrà gli investimenti all'interno dell'UE, l'EFSD offrirà garanzie e sosterrà l'uso di meccanismi di finanziamento combinato per supportare progetti più rischiosi. Fungerà da "sportello unico" per ricevere proposte di finanziamento da enti finanziari e investitori pubblici o privati e fornire un ampio ventaglio di sostegni finanziari per gli investimenti ammissibili.

Il Parlamento europeo ha adottato il testo il 6 luglio. Il 28 settembre il consiglio strategico dell'EFSD terrà la sua prima riunione per discutere la strategia globale e le priorità di investimento per il fondo.

AdA

Scarica il Regolamento (UE) 2017/1601

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Privacy, scelta del responsabile della protezione dei dati

Privacy, scelta del responsabile della protezione dei dati

Il Garante per la protezione dei dati personali ha fornito le indicazioni per una corretta scelta del responsabile della protezione dei dati personali (Rpd). Le pubbliche amministrazioni, così come i soggetti privati, dovranno scegliere il responsabile della protezione dei dati personali con particolare attenzione, verificando la presenza di competenze ed esperienze specifiche. Non sono richieste attestazioni formali sul possesso delle conoscenze o l’iscrizione ad appositi Albi professionali.

Si tratta di un chiarimento del Garante in relazione alla nomina di questa nuova importante figura - introdotta dal regolamento Ue 2016/679 - che tutti gli enti pubblici e anche molteplici soggetti privati dovranno designare non più tardi del prossimo maggio 2018.

I responsabili della protezione dei dati personali – spesso indicati con l’acronimo inglese DPO (Data Protection Officer) – dovranno avere un’approfondita conoscenza della normativa e delle prassi in materia di privacy, nonché delle norme e delle procedure amministrative che caratterizzano lo specifico settore di riferimento. Nella selezione sarà poi opportuno privilegiare soggetti che possano dimostrare qualità professionali adeguate alla complessità del compito da svolgere, magari documentando le esperienze fatte, la partecipazione a master e corsi di studio/professionali (in particolare se risulta documentato il livello raggiunto).

L’Autorità ha inoltre chiarito che la normativa attuale non prevede l’obbligo per i candidati di possedere attestati formali delle competenze professionali, così come non è prevista l’istituzione di un albo dei “Responsabili della protezione dei dati”.

AdA

fonte Sole24Ore 265/17

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Accoglienza, con i nuovi appalti più controlli e trasparenza

Accoglienza, con i nuovi appalti più controlli e trasparenza

«Voglio fare un appello: questa nuova regolamentazione sugli appalti per i centri di accoglienza per i migranti è una vera sfida per le persone perbene. Sono convintissimo che ci sono tante realtà meritevoli non solo di non essere accomunate ai delinquenti e che anzi meriterebbero una medaglia, ma possono emergere solo grazie a un sistema di regole. E per questo noi ci aspettiamo da parte loro una collaborazione, non una protesta generica che mette in discussione un sistema che con grande fatica sta provando a uscire dal far west». Così Raffaele Cantone spiega le motivazioni delle 'Linee guida' dell'Anac e il decreto del Ministero dell' Interno che ha provocato preoccupazioni e critiche tra i sindacati e parte del mondo cooperativo. «Ci saranno problemi? - aggiunge il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione -. Siamo disponibili a dare tutto il supporto. Chi opera nelle regole troverà le condizioni migliori. Nel far west c'era anche chi faceva lo sceriffo in modo corretto, ma spesso la stella se la mettevano i banditi. Sarei molto dispiaciuto se i tanti operatori che nascono dal mondo del volontariato, dal mondo cattolico, che non hanno mai pensato che questo era un affare, venissero strumentalizzati per far saltare un sistema che, invece, deve inserire le regole e soprattutto punire i troppi banditi che fanno danni alle persone perbene».

Cosa non andava? Non c'era mai stato un modello che regolasse gli appalti relativi al sistema di accoglienza. La logica era sempre stata quella dell' intervento attraverso meccanismi di urgenza, molto spesso extra ordinem e molto poco rispettosi delle norme. Il settore in passato era stato sottovalutato perché ritenuto poco appetibile economicamente, ma quando è diventato molto appetibile e anche molto di interesse delle organizzazioni criminali - l' Anac ha cominciato ad occuparsene facendo le Linee guida sul Terzo settore e poi collaborando all' intervento del ministero dell' Interno che rappresenta un provvedimento molto positivo provando a introdurre una serie di regole contro i rischi di distorsione.

Si dice che la scelta della divisione in lotti renderebbe problematico un rapporto di fiducia tra diversi partecipanti, col rischio che arrivi qualcuno poco chiaro. Non ho elementi per escludere che queste preoccupazioni siano fondate, ritengo che però la mancata suddivisione in lotti si presti a rischi molto maggiori. La suddivisione in lotti è un principio imposto dal Codice dei contratti e dall' Europa, nella logica di consentire la partecipazione delle medie e piccole imprese e soprattutto di quelle locali. Prima i soggetti che erano in grado di mettere insieme le attività che andavano da quelle educative a quelle dei pasti, erano oggettivamente talmente pochi che in realtà erano appalti soltanto formali. Non è un caso che quello per il Cara di Mineo, appalto simbolo di come funzionava il sistema, aveva visto un solo partecipante e un ribasso dell' 1%. È evidente che quando si chiede una serie di capacità, oltretutto già svolte, sostanzialmente si elimina ogni forma di concorrenza, creando una situazione di assoluto monopolio, in contrasto con quello che prevede il Codice.

E i problemi denunciati? Quelli occupazionali non possono essere un alibi. Il tema del mantenimento dei posti di lavoro viene garantito attraverso la clausola sociale. E poi la divisione in lotti, oltre a essere obbligatoria, consente una maggiore partecipazione agli operatori locali e anche a quelli specializzati nei singoli ambiti e quindi farà sì che tutti i soggetti che avranno mantenuto le proprie competenze avranno la possibilità di diversificare anche territorialmente le loro presenze. Dunque il decreto va nella giusta direzione perché è molto equilibrato.

Non c'è il rischio che la partecipazione di piccoli operatori abbassi la qualità dei servizi e che, per tenere bassi i costi, si risparmi sui lavoratori? È il contrario. I lotti non sono così bassi e quindi non potranno partecipare microperatori. Invece si consentirà di partecipare ad imprese che hanno il know how specifico in quella materia. Mentre il 'superlotto' lo consente solo a soggetti che si sono creati le specializzazioni in tutti gli ambiti. Anche il rischio di infiltrazioni non regge. A parte il fatto che le indagini hanno dimostrato che finora le infiltrazioni sono state enormi, il sistema non le ha impedite, anzi in qualche caso le ha favorite. E poi non dobbiamo dimenticare che gli appalti vengono dati dalle prefetture che dovranno fare controlli molto approfonditi.

Però la stessa Anac ha segnalato una certa difficoltà delle prefetture nel gestire l' accoglienza. È vero. Soprattutto perché è stata usata la logica dell' emergenza, spesso affidandosi agli enti locali. Con molti problemi di trasparenza. Oggi invece col decreto del ministro, soprattutto per gli interventi maggiori, si stabiliscono regole molto chiare che non so fino a che punto troveranno le prefetture preparate, ma almeno ci sono regole chiare. Il decreto nasce tenendo presente le criticità e provando a mettere degli argini. Siamo ancora a una logica sperimentale, poi andrà verificato se funziona. Ma va nella giusta direzione.

Potrà essere applicato caso per caso? Si potrà tener presente di esperienze maturate che altrimenti si corre il rischio di perdere? Le professionalità possono essere assolutamente tutelate, ma non nella logica del monopolio. Piuttosto nella logica dell' apertura ad altri operatori. Facendo salve tante esperienze locali, piccole, medie o grandi, molto positive che avranno comunque ancora spazi nei nuovi appalti.

Dopo 'mafia capitale' quale è oggi la situazione del sistema di accoglienza? C' è anche corruzione? Ci sono ancora interessi delle mafie? Non mi sento di generalizzare, ma le indagini e una serie di interventi sicuramente hanno avuto un effetto positivo per provare a riportare le regole. Se mi chiede se oggi tutto è tranquillo non me la sentirei di dirlo. Dove il sistema non è stato messo a regime la situazione è ancora poco trasparente. Ma non come prima, come con Buzzi e Carminati. Oggi è molto più controllato, c'è maggiore attenzione.

Ci sono rischi per l'approvazione da parte del Parlamento del Codice antimafia. Anche lei ha fatto alcune critiche. Il Parlamento ha lavorato molto bene, ci sono molti passi in avanti, tante novità che poi andranno verificate nel concreto. A maggior ragione la norma che ha parificato la corruzione ai reati mafiosi credo sia un errore e rischia di mettere in discussione un impianto che è positivo. Quindi, per quanto non sia giuridicamente da puristi, va bene la soluzione trovata di approvarlo così e poi cambiare quella norma. Salva la sostanza del provvedimento, dunque ben venga.

Come giudica l'incontro del Papa con la Commissione antimafia? È un messaggio simbolico molto importante. È un pieno sostegno alla lotta alla mafia e alla corruzione. Papa Francesco conferma di porsi in una linea molto avanzata nelle tematiche sociali. Poi le sue parole dimostrano come sia consapevole di molti problemi, come la sua richiesta di maggiore tutela dei testimoni di giustizia.

fonte Avvenire A.M.M. 22/09/17

AdA

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Terzo settore e impresa sociale. Nuove norme

Terzo settore e impresa sociale. Nuove norme

Anche l’impresa sociale ha beneficiato della recente ventata riformatrice che ha interessato il Terzo settore: essa infatti trova finalmente, con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 luglio), una compiuta disciplina nel nostro ordinamento, la quale deve essere composta coordinando, oltre che le norme del decreto 112, quelle degli enti del Terzo settore e quelle del Codice civile.

La qualifica di “impresa sociale” (che spetta di diritto alle cooperative sociali e loro consorzi) può essere acquisita da tutti gli enti privati, non profit e profit, del nostro ordinamento (e, quindi, anche dalle società, salvo quelle unipersonali), i quali esercitino, in via stabile e principale (tale è l’attività che produce ricavi superiori al 70% del totale) un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività.

È invece preclusa l’assunzione della qualifica di impresa sociale agli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei loro beni e servizi in favore dei soli soci o associati.

Le norme sull’impresa sociale si applicano, se svolgono le attività sopra elencate, anche agli enti religiosi civilmente riconosciuti, a condizione che essi adottino, con atto pubblico o scrittura privata autenticata, un regolamento che recepisca quanto stabilito dal decreto 112/2017, dedichino a dette attività un patrimonio ad esse destinato e tengano per esse scritture contabili separate.

La legge stessa indica un lunghissimo elenco per definire quali siano le predette attività d’interesse generale tipiche dell’impresa sociale: tra esse, ad esempio, i servizi sociali, le prestazioni sanitarie, l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale, le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa, gli interventi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali (escludendo però l’attività di raccolta e riciclaggio dei rifiuti), gli interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, la formazione universitaria e post-universitaria, la ricerca scientifica di particolare interesse sociale, eccetera.

Viene peraltro precisato che si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l’attività d’impresa nella quale, per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, sono occupati (per non meno del 30% della forza lavoro complessiva) lavoratori “molto svantaggiati”, persone svantaggiate o con disabilità nonché persone beneficiarie di protezione internazionale e persone senza fissa dimora che versi no in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia.

L’impresa sociale deve essere costituita mediante atto pubblico, nel quale va esplicitato il carattere sociale dell’oggetto dell’impresa e l’assenza di scopo di lucro: è prescritto, al riguardo, che l’impresa sociale destina eventuali utili e avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del sui patrimonio e che è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati. L’atto costitutivo e le sue successive modificazioni devono essere depositati nel registro delle imprese, il quale dedica alle imprese sociali un’apposita sezione.

AdA

fonte Sole24Ore 193/17 AB

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