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Certificati bianchi. A breve il decreto con le nuove regole

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CERTIFICATI BIANCHIIn arrivo con un decreto a doppia firma dei ministri Carlo Calenda (Sviluppo Economico) e Gian Luca Galletti (Ambiente) le nuove norme sull’efficienza energetica dei certificati bianchi. Il testo del decreto, in attesa di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, prima di Natale è stato “chiuso” nella sua forma definitiva con il consenso finale della Conferenza Unificata, cioè le Regioni.
Nel testo il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con l’Ambiente, dice che entro il 2020 l’Italia deve risparmiare ogni anno 20 megatep di energia primaria. Sembrano parole in codice: significa che secondo la Strategia energetica nazionale ogni anno bisogna risparmiare l’energia equivalente a quella di 20 milioni di tonnellate di petrolio (Tep significa tonnellata equivalente petrolio). Il decreto dice che di questo risparmio, l’energia di almeno 7 megatep di energia primaria (equivalenti a milioni di tonnellate di petrolio) deve venire dai cosiddetti certificati bianchi.
Sono tenuti ad adottare il meccanismo di efficienza energetica i distributori di corrente e di gas che hanno più di 50mila clienti allacciati. Gli obiettivi di efficienza energetica negli usi finali da raggiungere sono 7,14 milioni di tonnellate equivalenti petrolio per quest’anno, nel 2018 altri 8,32 milioni, 9,71 milioni nel 2019, infine 11,19 milioni di Tep nel 2020. Il controllo stringente sarà fatto dall’Autorità dell’energia, dal Gse (Gestore dei servizi energetici) e dagli scienziati dell’Enea e dell’Rse.
I certificati bianchi sono uno strumento nato nel 2001 e si basa su un meccanismo di mercato. Viene imposto alle aziende elettriche e del gas (formalmente, i distributori di energia elettrica e gas) un obiettivo di riduzione dei consumi negli usi finali. I loro clienti devono consumare meglio, in modo più intelligente. Se non raggiungono le riduzioni di consumi, le aziende di luce e gas vengono sanzionate. Per conseguire questi obiettivi, le aziende energetiche possono condurre investimenti in proprio, oppure acquistare i diritti sul mercato dei certificati bianchi, cioè progetti e investimenti in efficienza energetica condotti da imprese terze in settori differenti, come nell’industria, nell’edilizia, nei servizi, nel trasporto, nell’agricoltura, nell’illuminazione pubblica.
In questo modo le imprese di settori diversi che investono in efficienza energetica ricevono un incentivo dalla vendita dei certificati bianchi alle aziende energetiche che devono conseguire l’obiettivo di risparmio. Introdotto una quindicina d’anni fa, nei primi tempi il sistema dei certificati bianchi ebbe effetti soprattutto nelle case, negozi e uffici (le aziende elettriche per esempio regalavano le lampadine a risparmio energetico, che allora erano una novità sorprendente), mentre negli ultimi anni gli interventi di efficienza sono stati condotti soprattutto nel settore industriale e i certificati bianchi sono stati dati per l’80% a società di servizi energetici, le quali li hanno rivenduti sul mercato.
Il decreto prevede quattro tipologie di risparmio conseguito: risparmio di elettricità, di gas, di altre forme di energia nei trasporti, di altre forme di energia in settori diversi dai trasporti. Vi si può ricorrere in tanti modi diversi, come realizzando impianti di teleriscaldamento o teleraffreddamento, oppure allestendo flotte di mezzi di trasporto elettrici, a gas, idrogeno.
Il sistema dei certificati bianchi pare funzionare, anche se è giunto il momento di rinfrescarlo con il nuovo decreto. Nel 2015 è stato censito che in tutto, dal 2001, è stata risparmiata l’energia equivalente a 21,8 milioni di tonnellate di petrolio, pari a un giacimento il cui sfruttamento non ha emesso un fil di fumo, non ha mosso una petroliera e non ha inquinato.

Fonte: Il Sole 24 ORE